Parte oggi, 6 febbraio 2017, l’aumento di capitale tra i più attesi a Piazza Affari e nel mondo intero dell’alta finanza: una operazione di ricapitalizzazione da 13 miliardi di euro – mai sperimentata prima in Italia – che avverrà attraverso l’emissione di nuove azioni a sconto del 38% rispetto al prezzo terp. E, tra i fattori di rischio che vengono citati nel documento di registrazione reso noto in vista dell’aumento di capitale, viene citato anche quello di disgregazione dell’area euro.
Stando ai calcoli di Borsa Italiana, le azioni avranno un prezzo di 13,11 euro, mentre il diritto di opzione verrà quotato a un prezzo di 13,05. Agli azionisti saranno offerti 13 nuovi titoli per ogni 5 possedute e il prezzo di sottoscrizione sarà di 8,09 euro per azione. Lo scorso venerdì il titolo UniCredit ha chiuso attorno ai 26,16 euro.
E’ stato intanto raggiunto un accordo tra UniCredit e i sindacati sui 3.900 esuberi che l’istituto ha deciso con il suo piano. L’accordo prevede la volontarietà delle uscite che saranno incentivate e, in cambio, 1300 assunzioni. Intesa anche sul turnover nel rapporto di una assunzione ogni tre uscite e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.
Da segnalare come i 3.900 esuberi siano stati decisi dalla banca guidata dal francese Jean-Pierre Mustier sulla scia del piano di chiudere più di 800 filiali.
Nota sintesi aumento di capitale: UniCredit teme disgregazione euro
Riguardo al timore sul rischio di disgregazione dell’area euro è lo stesso istituto numero uno in Italia per fatturato, anche l’unica banca sistemica italiana, a parlarne nella nota di sintesi approvata dalla Consob, citando tra gli altri motivi anche quello relativo alla Brexit:
“La possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea la potenziale uscita della Scozia, del Galles o dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito, la possibilità che altri Paesi dell’Ue possano indire referendum analoghi a quello tenutosi nel Regno Unito e/o mettere in discussione la loro adesione all’Unione Europea e la possibilità che uno o più Paesi che hanno adottato l’euro come moneta nazionale decidano, sul lungo periodo, di adottare una moneta alternativa o periodi prolungati di incertezza collegati a tali eventualità, potrebbero comportare significativi impatti negativi sui mercati internazionali (..) In aggiunta a quanto sopra e in considerazione del fatto che alla data del documento di registrazione non esiste alcuna procedura legale o prassi volta ad agevolare l’uscita di uno Stato membro dell’euro, le conseguenze derivanti da tali decisioni sono acuite dall’incertezza in merito alle modalità con cui un eventuale Stato membro uscente possa gestire le proprie attività e passività correnti denominate in euro e il tasso di cambio tra la valuta di nuova adozione rispetto all’euro. Una disgregazione dell’area euro potrebbe essere accompagnata dal deterioramento del contesto economico e finanziario nell’Unione Europea e potrebbe avere un effetto negativo rilevante sull’intero settore finanziario, creando nuove difficoltà nella concessione di prestiti sovrani e alle imprese e comportando notevoli alterazioni delle attività finanziarie sia a livello di mercato sia a livello retail. Tale circostanza potrebbe avere un impatto negativo significativo sui risultati operativi e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’emittente e/o del gruppo”.