In una dimostrazione di quanto le banche stanno pagando caro – letteralmente – le tensioni sui conti pubblici e il conseguente rialzo dei rendimenti dei Btp sul mercato secondario, la seconda banca d’Italia per capitalizzazione, UniCredit, ha sorpreso i mercati nell’ultima collocazione di corporate Bond.
Tre miliardi di dollari di titoli a cinque anni denominati in biglietti verdi sono stati assegnati oggi. Ma per trovare un investitore disposto a comprare il debito societario, la banca ha dovuto pagare l’equivalente di 420 punti base sul tasso swap in euro a cinque anni, un valore sei volte superiore ai 70 punti base sborsati lo scorso gennaio in occasione dell’emissione di bond senior non-preferred in euro, con cui UniCredit ha ottenuto 1,5 miliardi di euro di finanziamenti.
E a stupire i trader è stato, non tanto il costo sborsato, quanto proprio il fatto che soltanto un investitore si è dimostrato disposto a comprare (Pimco, il maggiore fondo obbligazionario al mondo). Insomma, la pressione esercitata sui titoli di Stato, sta compromettendo le operazioni di fundraising delle banche italiane.
Anche lo spread ha sconvolto i mercati, come riportano i media Usa, dal momento che rappresenta una concessione di 150 punti base circa rispetto ai tassi di mercato attuali, ed è indice delle difficoltà che incontrano anche gli istituti di credito più attrezzati del nostro paese ad accedere ai mercati finanziari in un periodo di turbolenze politiche.
Sebbene il governo abbia aperto la porta a fare un passo indietro e venire incontro alle richieste delle autorità europee sul piano di bilancio giudicato troppo espansivo da Bruxelles e pericoloso per la sostenibilità del debito pubblico, e nonostante quanto dichiarato dalla banca, secondo cui la banca è in grado di finanziarsi sui mercati anche in condizioni complicate come quella attuale, l’asta dei Bond non può essere considerata un successo, dicono gli strategist.
Gli analisti sono scettici sull’appetito che sono in grado di generare i bond emessi dalle banche italiane, fa sapere Jakub Lichwa, credit strategist di Royal Bank of Canada: “il segnale sarebbe stato decisamente più forte se si fossero rivolti ai mercati con un order book di questo livello”.
Malgrado la banca abbia pagato cara l’operazione, l’emissione dei bond ai privati – “una delle maggiori del suo genere nel 2018”, come riferisce UniCredit – aiuterà in ogni caso la posizione patrimoniale dell’istituto e “migliorerà il subordination ratio di circa 73 punti base”. Il collocamento si iscrive nell’ambito del programma “US Global Medium Term Note” (“GMTN”).