Unione europea: La “Corte di giustizia” fa politica!
Tutti gli Organi giurisdizionali, nazionali od esteri, per l’esercizio della loro funzione, al netto di interpretazioni in qualche caso pure discutibili, sono chiamate ad applicare le leggi esistenti.
E’ esattamente quello che è successo l’altro giorno quando la Corte di Giustizia Europea ha ribadito la validità e quindi l’applicazione di un Accordo stipulato a suo tempo fra tutti i Paesi membri, ricordando che “L’asilo è dovuto nel paese in cui gli immigrati sbarcano”.
Gli accordi, i trattati, prima si firmano e poi si rispettano.
Nel nostro caso, la Corte ha applicato quanto venne stabilito nel giugno del 2013 quando l’Unione Europea modificò nuovamente alcuni aspetti dell’originaria Convenzione di Dublino dando vita ed approvando il Trattato di Dublino 3.
Quest’ultimo entrò in vigore il 19 luglio del 2013 investendo tutti gli stati membri ad eccezione della Danimarca.
Che cosa dice?
Il Trattato di Dublino regola le domande di asilo politico secondo cui il primo Stato dove un immigrato arriva e fa richiesta di asilo politico è competente sull’istanza stessa.
In pratica, si tratta di un accordo internazionale che ha il fine di regolare il flusso migratorio grazie alla creazione di una banca dati a livello Europeo, a cominciare dall’inserimento delle impronte digitali degli immigrati clandestini che fanno richiesta di asilo politico. Come riportato dal Trattato di Dublino, lo Stato che per primo ospita il cittadino extracomunitario che ha i requisiti per avanzare la richiesta di asilo politico, ne è competente per l’elaborazione della domanda e si prenderà cura di ospitare lo stesso richiedente.
Difatti se quest’ultimo si sposta in un altro paese viene rimandato nello Stato in cui è arrivato come immigrato, ovvero quello in cui ha presentato la domanda di asilo politico. Ad esempio, sulla base del Trattato di Dublino III, se un immigrato arriva dall’Africa in Italia dovrà fare obbligatoriamente in quest’ultimo paese la richiesta di asilo politico. Se nel frattempo si sposta in Francia o in Germania, le autorità competenti lo riconsegneranno all’Italia, ovvero al paese che per primo lo ha ospitato.
Inoltre la banca dati europea, una volta a regime, consentirà alle autorità tedesche e francesi di verificare dove è stata fatta la prima domanda.
I nostri politici, soprattutto quelli di lungo corso, prima firmano i Trattati e poi li dimenticano. Sarà pure che spesso firmano senza leggere, oppure leggono senza capire fatto sta che in questo frangente di “crisi migratoria” senza precedenti, la “patata bollente” è in mano all’Italia che da sola, considerata la posizione geografica nel Mediterraneo che ci pone come nazione più vicina all’Africa, si trova a gestire un tema estremamente impopolare e politicamente difficile.
I principali partiti di opposizione, a cominciare da Forza Italia, dimenticando gli accordi sottoscritti – all’epoca c’era il Ministro Angelino Alfano agli Interni – e la caduta di GHEDDAFI in Libia che gli stessi hanno contribuito a provocare, oggi gridano allo scandalo e che la situazione è insostenibile.
Il Partito dell’ex cavaliere, insieme alla Lega, solo a gridare che bisogna fermare gli sbarchi guadagna consenso e lo abbiamo visto alle recenti elezioni amministrative per gli Enti locali.
La prima sfida da affrontare in presenza di una grande crisi, quale che ne sia l’origine o la causa, è “non avere paura!”