In Italia conviene studiare? La spesa sostenuta per andare all’università costituisce un buon investimento per i giovani del nostro paese. A dare una risposta a questa domanda ci ha pensato l’University Report 2023, l’osservatorio di JobPricing che si è focalizzato proprio su questa tematica.
L’Italia possiede un sistema scolastico e formativo che non è certamente all’avanguardia – basti pensare che nel nostro paese la spesa per l’istruzione ammonta al 4,3% del Pil, con una media europea che si attesta su un 5% – ma studiare continua a rimanere un ottimo investimento. Maggiore è il livello di istruzione raggiunto, maggiori, infatti, risultano essere le possibilità di riuscire a trovare un’occupazione. E migliori risultano essere le prospettive di fare una buona carriera e di ottenere un guadagno.
L’università: è un buon investimento
Frequentare l’università costituisce un buon investimento per i giovani? Secondo l’osservatorio di JobPricing maggiore è il livello di istruzioni, maggiori sono le possibilità di trovare un’occupazione. Aumentano, di conseguenza, le opportunità di fare carriera e di guadagnare.
In questo ampio contesto, l’istruzione terziaria rappresenta, sicuramente, un acceleratore molto forte, come dimostrano, tra l’altro, le prospettive di occupazione e salariali dei laureati. Essere in possesso di una laurea, in media, permette di accedere ad un salario del 45% più alto rispetto a quello di un non laureato: la media è generalmente di 13.000 euro di differenza sulla RAL.
L’importanza di scegliere l’università giusta
Senza dubbio frequentare l’università costituisce un buon investimento. Però c’è una marcata differenza tra i vari percorsi di studio intrapresi. Se è importante il corso dilaurea scelto, è opportuno scegliere con attenzione anche presso quale Ateneo andare a studiare: i Politecnici e le università private, mediamente, offrono pagano di più della media rispetto alle università pubbliche.
Ma non solo: a livello geografico le università del nord Italia rendono di più rispetto a quelle del sud.
I corsi di laurea che rendono maggiormente
Ma quali sono i percorsi di laurea che rendono di più dal punto di vista economico. Anzi, sarebbe più giusto affermare quali sono quelli che danno uno sbocco lavorativo che permette di ottenere uno stipendio più alto.
La RAL media più alta si registra tra coloro che posseggono un titolo di studio nel campo dell’ingegneria chimica e dei materiali (33.519 euro) – riporta l’University report 2023 di di JobPricing -. Al contrario, gli studi psico-pedagogici sono quelli a cui si associa il salario medio più basso (27.709). La differenza rispetto alla media retributiva della classe di età 25-34 è dell’11% più alta per gli ingegneri chimici e dei materiali e dell’8,2% più bassa per gli studiosi di scienze pedagogiche e psicologiche.
Ecco l’elenco completo con le aree disciplinari e la RAL media 25-34 anni predisposta da Jobpricing:
- Ingegneria Meccanica, Navale, Aeronautica e Aerospaziale: 34.626 euro;
- Ingegneria Gestionale: 34.391 euro;
- Ingegneria Informatica, Elettronica e delle Telecomunicazioni: 34.309 euro;
- Scienze matematiche e informatiche: 34.241 euro;
- Ingegneria Chimica e dei Materiali: 33.733 euro;
- Scienze economiche: 33.535 euro;
- Scienze statistiche: 33.326 euro;
- Scienze fisiche: 33.203 euro;
- Scienze chimiche: 32.334 euro;
- Ingegneria civile e Architettura: 32.226 euro;
- Scienze giuridiche: 32.159 euro;
- Scienze mediche: 31.318 euro;
- Scienze biologiche: 31.222 euro;
- Scienze politiche e sociali: 30.796 euro;
- Lingue e letterature straniere moderne: 29.866 euro;
- Scienze storiche e filosofiche: 29.616 euro;
- Scienze pedagogiche e psicologiche: 28.916 euro.
Questa analisi si basa sul database di JobPricing, costruito su 600mila profili retributivi relativi a lavoratori dipendenti di aziende private, che sono stati raccolti nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2022. I dati vengono forniti da individui che rispondono in maniera autonoma ad un sondaggio online e dai dati forniti dalle direzioni HR delle aziende clienti.
I fabbisogni occupazionali
Quali sono i fabbisogni occupazionali da qui ai prossimi cinque anni? A rispondere a questa domanda ci ha pensato uno studio effettuato congiuntamente da Unioncamere-ANPAL e Sistema Informativo Excelsior. La ricerca stima che, nel periodo compreso tra il 2021 ed il 2025 il fabbisogno occupazionale possa variare tra i 933mila e 1 milione e 300 mila occupati, a seconda dello scenario che si verrà a configurare.
Volendo entrare nello specifico, saranno i servizi ad esprimere la maggior parte del fabbisogno, con una domanda compresa tra le 861mila e 1,1 milioni di occupati nell’intero quinquennio. Per quanto riguarda il settore industriale si stima una variazione dello stock compresa tra 63mila e 128mila lavoratori e per l’agricoltura tra 9mila e 29mila unità.
La ricerca mette in evidenza che i tassi di expansion medi annui sopra la media dell’industria nell’alimentare, per la farmaceutica, le industrie ottiche e medicali, la fabbricazione di macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto e le public utilities. Per quanto riguarda i servizi, si prevede che saranno più dinamici i servizi avanzati, l’informatica e la sanità.