Non si placano le polemiche attorno ai test d’ingresso per la facoltà di Medicina, dopo la pubblicazione della graduatoria 2024. Un insolito aumento dei punteggi massimi ha acceso i sospetti di irregolarità. Con un punteggio minimo di accesso che ha toccato livelli record, la tensione è alle stelle, e alcune città come Napoli, Palermo e Padova sono finite sotto i riflettori per l’alta concentrazione di risultati massimi. Ad alimentare il dibattito, le dichiarazioni incendiarie del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che si è scagliato contro il numero chiuso, paventando addirittura un ricorso alla Corte costituzionale per convertirle in accesso libero. Una novità che impatterebbe notevolmente anche sul futuro del Paese.
La bufera sui test sospetti
Dopo l’uscita della graduatoria del test medicina 2024, non si spengono le polemiche sulla prova d’ingresso a causa dei tanti punteggi massimi che quest’anno si sono verificati in varie città. Il punteggio minimo per entrare quest’anno si è rivelato altissimo rispetto agli anni precedenti, attenstandosi a 78,6 (dato aggiornato al 10 settembre, giorno dell’uscita della graduatoria nazionale). Inoltre si è registrato un boom di punteggi massimi: circa 1.500 contando entrambe le sessioni. I sospetti che il boom di punteggi massimi sia dovuto alla possibilità di aver copiato dal database pubblico durante il test sono stati sollevati dal Comitato per il diritto allo studio di Medicina, comitato che ha fatto notare che i 90/90 sono maggiormente concentrati in 3 città: Napoli, Palermo e Padova.
L’attaco di De Luca
Un durissimo attacco all’attuale sistema formativo per i futuri medici nostrani è arrivato dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha inveito contro il sistema di ingresso a numero chiuso per la facoltà di medicina. Il governatore campano ha parlato della sua proposta di legge che mira ad abolire il test universitario dal prossimo anno accademico: “Proseguiremo in questa nostra battaglia di civiltà contro il numero chiuso per accedere alla facoltà di Medicina che ha degli aspetti perfino anticostituzionali. Noi abbiamo approvato un disegno di legge come Regione Campania che abbiamo mandato al Parlamento e al governo. Se per il prossimo anno non avremo modifiche, pensiamo di presentare ricorso addirittura alla Corte costituzionale, perché si stanno privando migliaia di ragazzi del diritto allo studio”.
Le spese per i fuorisede
Poi, last but not least, c’è anche il peso del conto economico per le famiglie, salatissimo per chi è costretto a spostarsi a migliaia di chilometri da casa per l’Università. Gli studenti fuorisede spendono mediamente, ogni anno, l’87% in più rispetto agli studenti in sede e il 70% rispetto ai pendolari. A pesare in maniera determinante su tale differenza sono i costi degli alloggi, che ammontano mediamente a 5.220 euro annui (con forti differenze tra Nord e Sud). Mediamente uno studente spende per tasse universitarie, alloggio, pasti, trasporti (urbani ed extraurbani per chi è pendolare o fuorisede), materiale didattico e digitale, cultura, attività sociali, ricreative, sport e salute: totale, 17.498 euro annui se fuorisede. Un vero e proprio salasso per le famiglie coinvolte nel supportare la formazione accademica dei propri figli.
Insomma, la situazione non è delle più semplici e tutto questo non può che pesare a lungo andare sulla situazione della Sanità pubblica. Un patrimonio del nostro Paese, che andrebbe preservato probabilmente anche migliorando la formazione accademica e semplificando l’accesso per tutti i cittadini.