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(WSI) – Può un ministro dirci qualcosa che colpisce? E che non riguarda soltanto una questione del giorno dopo? Certamente sì. Il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, lo ha fatto in un’intervista al ‘Corriere della sera’, scritta da Sergio Rizzo. Verso la fine di quel lungo colloquio, il ministro (d’ora in poi lo chiamerò con la sua sigla: Tps) ci ha messo in guardia contro un rischio ‘pericolosissimo’ che l’Italia sta correndo e senza rendersene conto.
Il rischio è di ripetere la tragica esperienza di Weimar. È il nome di una città tedesca della Turingia dove venne varata la nuova Costituzione della Germania, dopo la fine della prima guerra mondiale. Nacque allora la cosiddetta repubblica di Weimar che, passando da un governo debole all’altro e da un caos a un caos successivo, spalancò la porta al regime nazista di Hitler.
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Perché Tps ci rammenta Weimar? Perché, nel 1945, dopo la conclusione di una nuova guerra perduta, la Germania rifiutò l’esperienza dei governi deboli e scelse la strada dei governi forti. L’altro paese sconfitto, l’Italia, ha scelto invece la strada dei governi deboli, come stiamo constatando ancora oggi. Per di più, dice Tps, il nostro è un paese in preda a “impulsi autodistruttivi”. La somma “governi deboli più impulsi suicidi” potrebbe condurci “verso il caos e la svolta autoritaria”. Dunque, conclude Tps, “ora si potrebbe dire che siamo noi a correre il rischio di Weimar”.
Le cose stanno davvero a questo punto? Pur essendo un ottimista istintivo, sono propenso a pensare di sì. Non ci troviamo ancora dentro il caos, ma siamo sulla strada per arrivarci. E poiché le situazioni di disordine nascono quasi sempre dalle disfunzioni della politica, se osservo quanto accade in Italia non mi sento per nulla rassicurato. Il sistema dei partiti è imballato e spappolato. E ogni giorno mette in mostra quell’ammasso di macerie che è diventato: un tritume di parrocchie politiche, ormai ingestibile da chiunque.
Voglio dirlo anche a me stesso, all’inizio del 2008: d’ora in poi bisogna rifiutare lo schema Prodi sì o Prodi no. Il Professore cerca di durare, come farebbe qualunque altro premier al suo posto. Ma neppure un Superman installato a Palazzo Chigi riuscirebbe a governare la crisi odierna. Tanto meno Silvio Berlusconi, una figura anche più logorata del Prof. Il Cavaliere sta sulla scena dalla fine del 1993 e in autunno saranno quindici anni: un tempo immenso per i ritmi della società odierna e della democrazie moderne.
Se poi andiamo a scoprire quel che c’è sotto questi due leader, lo spettacolo induce alla disperazione. Prodi è sostenuto da ben undici gruppi parlamentari, in maggioranza microscopici. Le aggregazioni stanno diventando impossibili, per l’egoismo e la faziosità di troppi capi e capetti. Lo prova il cammino difficile del Partito Democratico e della Cosa Rossa. Il centro-destra non sta meglio. Pure qui la frantumazione trionfa. Anche per questo, forse, Berlusconi ha deciso di correre da solo. Ma per vincere dovrà mangiarsi gli alleati, novello conte Ugolino. E neppure lui può sapere quale sarà l’esito del pasto in famiglia.
Entrambi i blocchi sono poi devastati da guerriglie interne ogni giorno più cattive. Mi lascia sempre stupefatto che i politici non si accorgano di quanto discredito gli procurino i litigi, le risse, gli sputi in faccia al vicino di banco. Se non sono capaci di essere generosi, tentino almeno di essere furbi. Ma questa è la stagione dei fessi. Basta sfogliare qualche giornale per avere sotto gli occhi un’assurda gabbia di matti. Veltroni ha più nemici dentro il PD che fuori. Appena Dini parla, gli sparano dalla stanza accanto. Berlusconi assalta Fini e viceversa. I forzisti odiano Casini che li ricambia.
Ma ogni scontro dentro una stessa parrocchia non fa che aumentare il disprezzo degli elettori. Li allontana. Li obbliga a disperare di questa democrazia capace soltanto di ferirsi, in preda agli impulsi suicidi che Tps ci rammenta. E infine li costringe a immaginare vie d’uscita altrettanto pericolose. Ecco, questo è il problema di oggi. Un rebus da affrontare con attenzione preoccupata.
Lo dico perché mi sta accadendo quel che non mi era mai accaduto. Ho cominciato a ricevere telefonate di amici che dicono tutti la stessa cosa: con questi partiti non possiamo più andare avanti, deve intervenire qualcuno diverso dai soliti politicanti, un uomo deciso, forte, capace di prendere in mano lo sfacelo della repubblica e di provare a metterci una pezza. Ho sentito di un sondaggio che quantifica il desiderio di un uomo forte: lo vorrebbe il sessanta per cento degli intervistati. È credibile? Non lo so. Comunque, il mio augurio ai politici italiani per l’anno che inizia recita così: meditate, gente, meditate!
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