Quando Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, i mercati finanziari hanno iniziato a correre con gli indici azionari principali che si sono portati sui massimi storici. Il catalizzatore principale degli acquisti è stata la promessa del neo commander in chief di varare un maxi piano di stimolo fiscale.
Il programma potrebbe però non vedere mai la luce, visto che necessita l’approvazione del Congresso e che i congressmen del partito stesso di Trump, quello Repubblicano, hanno già fatto capire che la loro intenzione è quella di bloccare il bazooka fiscale, per paura che di gonfiare troppo un debito federale già enorme.
Il piano avrebbe l’effetto di rinfocolare immediatamente l’inflazione e le anticipazioni economiche in questo senso hanno già spinto al rialzo i rendimenti dei Treasuries Usa e non solo i titoli azionari e altre classi di asset considerate più rischiose (segui il nostro live blog di mercato).
Le speranze del mercato, che ha ignorato tutti i segnali contrari arrivati nei giorni scorsi da Washington, rischiano però di essere mal riposte. Se si mette a confronto il budget proposto da Trump e quello invece previsto dalla Camera, si scopre la presenza di un gap da 12 mila miliardi di dollari nel piano del presidente eletto per “rendere nuovamente grande l’America” (“Make America Great Again” è lo slogan usato in campagna elettorale dal magnate immobiliare).
I 12 mila miliardi di dollari sono la differenza fra il piano di bilancio proposto da Trump, che prevede un incremento complessivo del debito di 5 mila miliardi, e quello invece già approvato dai deputati quest’anno, che invece punta a ridurre, rispetto alle previsioni, il deficit di 7 mila miliardi nei prossimi dieci anni.
Rialzo tassi Fed non aiuta
Oltre al piano di stimolo fiscale di Trump bisogna prendere in considerazione anche il taglio dei tassi della Federal Reserve di dicembre, e il paio di strette monetarie nel 2017, volti a mettere un freno all’inflazione: ciò implica che il costo per rifinanziare il debito nazionale americano continuerà a salire.
Per ogni 25 punti base di aumento dei tassi di interesse di riferimento, il governo federale dovrà spendere 50 miliardi di dollari in più per rifinanziare il debito. Consapevoli di questo, i Repubblicani al Congresso hanno avvertito che “il debito federale rischia di essere un grande ostacolo all’agenda politica del presidente eletto Donald Trump”.
“Sono rimasto deluso dal fatto che non se ne è parlato in campagna elettorale. Non è stato mai citato”, si è lamentato il Senatore dell’Arizona Jeff Flake (del partito Repubblicano). “Sono molto preoccupato” sul deficit e sul debito, ha aggiunto Flake. “Sarà dura discuterne se non ci si impegna anche fuori dal Congresso. È di gran lunga il problema maggiore che ci troviamo a dover affrontare”.
Non si può parlare di aumento delle spese e degli investimenti senza affrontare le questioni del debito e delle coperture, secondo Michael Sargent, ricercatore presso la Heritage Foundation. La questione di una riforma in questo senso è molto seria, ma ciononostante non è stata affrontata da nessuno dei due candidati principali durante la campagna presidenziale.