NEW YORK (WSI) – A rilento, ma stabile, come del resto la ripresa economica che si trascina ormai dal 2009. Il mercato del lavoro americano non fa venire il mal di testa ad autorità e investitori. I mercati finanziari ottengono il rapporto occupazionale governativo che si aspettavano: senza troppi drammi e senza fare troppo rumore, pur deludendo le aspettative degli analisti, i dati confermano l’andamento positivo del mercato del lavoro.
Alla luce dei numeri riportati, che hanno sia lati positivi sia negativi, la Federal Reserve non dovrebbe cambiare la sua opinione e i mercati scontano una stretta monetaria entro fine anno una sola volta i tassi di interesse, probabilmente a dicembre. Sarebbe la seconda dopo la prima storica di dicembre 2015. Anche la campagna elettorale per le elezioni presidenziali di novembre non dovrebbe cambiare la strategia politica di Donald Trump e Hillary Clinton.
Gli Stati Uniti hanno creato 156 mila posti di lavoro in settembre, deludendo leggermente le attese. Le stime erano in media per un incremento di 172 mila posti (stando alle previsioni raccolte Bloomberg e Marketwatch). Gli economisti interpellati da Reuters puntavano su una variazione positiva di 176 mila unità. Il tasso di disoccupazione si è attestato al 5% in aumento dal 4,9%, principalmente perché 440 mila persone sono entrate nel mercato del lavoro.
I salari continuano a crescere gradualmente: per ogni ora lavorata sono aumentati dello 0,2% a 25,79 dollari il mese scorso. Su base annuale l’incremento delle retribuzioni orarie è del 2,6%. In agosto e luglio sono stati creati 7mila posti di lavoro meno di quanto riportato in precedenza: 267mila in agosto (contro i 151 mila annunciati) e 252 mila (e non 275 mila).
Sui mercati finanziari, a parte qualche sbandamento il dollaro si conferma in rialzo contro le principali valute rivali. I futures sui principali indici della Borsa Usa, in ribasso dello 0,2% circa prima della pubblicazione del dato, scambiano in moderato progresso prima di riperdere slancio, più per le dichiarazioni di Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland, che per gli ultimi numeri macro.
Analisti: un assist per la Fed
Mester sostiene che ci sia una piena occupazione in Usa e che pertanto “ha senso imporre un rialzo di 25 punti base” del costo del denaro. Il rapporto, ha fatto sapere Mester, è in linea con la sua analisi del mercato del lavoro. Il tasso di partecipazione alla forza lavoro è salito al 62,9% dal 62,8% di agosto.
Per la Federal Reserve, insomma, con il rapporto di oggi in realtà non cambia molto in chiave tassi di interesse: i dati confermano una certa solidità della situazione occupazionale statunitense, un elemento importante per la banca centrale in ottica di strategia di politica monetaria.
Secondo il chief analyst di FXCM Matteo Paganini il rapporto occupazionale pubblicato in Usa, che ha mostrato la creazione di 156 mila posti di lavoro in settembre, meno del previsto, è da considerare “tutto sommato positivo” e rappresetna dunque un assiste per la Fed che avrà le mani libere per potere imporre una stretta monetaria entro fine anno. Il dato conferma la creazione di posti di lavoro in Usa e “potrebbe risultare propedeutico a un rialzo di tassi nel mese di dicembre (attualmente la nostra call ufficiale rimane questa, vedremo se nel corso di novembre cambieranno le condizioni ma, ad ora, lo sosteniamo da più di un anno a questa parte)”.
“Le reazioni iniziali sono state di vendita di dollaro americano (situazione a parte per la sterlina contro dollaro dopo il crollo avvenuto questa notte); le borse hanno tentato di raggiungere i massimi e non escludiamo tentativi di estensione ulteriore in virtù di un ragionamento che permette ricerca di rendimenti sui listini da qui alle prossime settimane, in attesa di comprendere come si formeranno le aspettative per dicembre (in caso di maggioranza importante che preveda un taglio, le borse potrebbero cominciare a stornare)”.