L’indice relativo ai PMI di Chicago di giugno ha segnato un brusco calo (in termini assoluti il maggiore degli ultimi 30 anni) in seguito principalmente ad un violento ridimensionamento sia della componente produzione che dei nuovi ordinativi. La sottocomponente prezzi pagati ha invece raggiunto il picco record dal 1988.
Comincia pertanto ad infittirsi il numero dei dati che segnalano una possibilità di rallentamento della crescita nel secondo semestre. Ricordiamo, infatti, che ad esempio gli ordinativi di beni durevoli per ben due mesi consecutivi hanno segnato (anche lì a sorpresa) variazioni negative, malgrado la presenza di incentivi fiscali previsti dall’amministrazione Bush in termini di ammortamenti anticipati deducibili dall’imponibile.
Il dato di Chicago aumenta ora l’attenzione che verrà posta al più generale indice Ism in pubblicazione domani. L’area di Chicago è particolarmente rilevante per l’economia Usa: viene infatti qui prodotto ad esempio circa il 40% delle auto ed il 35% dell’acciaio Usa. Per tale ragione l’indice pubblicato oggi anticipa in modo soddisfacente il dato sull’Ism in pubblicazione domani.
In generale i due indicatori risultano essere buoni previsori dell’evoluzione futura del ciclo e a loro volta presentano una buona correlazione con l’andamento dei tassi a lungo termine.
Negli ultimi mesi si era assistito ad un forte rialzo dell’Ism e del Chicago Pmi a fronte invece di un più contenuto rialzo dei tassi di interesse. Il diverso ritmo di crescita è da inputarsi in gran parte all’atteggiamento estremamente cauto da parte della Fed, che ha mantenuto i tassi fermi all’1%.
I primi segnali che stanno arrivando da alcuni indicatori potrebbero indurre ancor di più la Fed a mantenere un atteggiamento di moderazione sui tassi, pur iniziando oggi il primo rialzo da 25bps.
Qualora i segnali di decelerazione dell’economia divenissero più consistenti e numerosi, è lecito attendersi un ridimensionamento delle attese di rialzo dei tassi. La correlazione evidenziata tra Ism e tassi a lungo termine sarebbe pertanto ripristinata attraverso un ridimensionamento degli indici anticipatori.
Evidenziamo come all’interno dell’indice oggi pubblicato la componente lavoro sia risultata in calo ( da 54,8 a 53,6) ma solo marginale rispetto ai nuovi ordinativi. Pertanto il dato di oggi non dovrebbe mettere in discussione le buone attese in termini di nuovi posti di lavoro in pubblicazione il prossimo venerdì.
Ism e Chicago pmi sono utili piuttosto su un orizzonte temporale più lungo. In tal caso, spesso il mercato del lavoro si è già rivelato un indicatore c.d. lagging, ossia in ritardo rispetto al ciclo. In sostanza, nei prossimi mesi non è da escludere uno scenario in cui, a fronte di primi segnali di rallentamento dell’economia, il mercato del lavoro continui invece a produrre occupati.
La ripresa del job market, al momento a nostro avviso non è da considerarsi però ancora strutturale in assenza di un recupero contestuale anche del tasso di partecipazione.
* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.