Le aziende americane nel mese di marzo hanno assunto come non accadeva da quattro anni e, secondo i dati diffusi questa mattina dal dipartimento del Lavoro Usa, la disoccupazione rimane invariata al 4,1%, contro il 4% stimato dagli analisti di Wall Street.
In marzo sono state compilate 416.000 nuove buste paga, contro una previsione di 400.000, e contro le 7.000 di febbraio. Di queste circa 117.000 sono relative a contratti a tempo determinato per il censimento dell’anno 2000 commissionato dal governo.
Le 416.000 nuove buste paga di marzo hanno pero’ avuto un impatto sul costo del lavoro che e’ aumentato in media dello 0,4%, ovvero 5 centesimi di dollaro l’ora.
Il dato sull’occupazione, sostanzialmente in linea con le aspettative dei mercati, e’ stato assorbito senza scosse da Wall Street, che gia’ ha messo in conto un aumento dei tassi d’interesse al 6,25% da parte della Fed durante la prossima riunione del 16 maggio; a pochi minuti dall’apertura delle contrattazioni tutti gli indici sono in netto rialzo.
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E’ stato lo stesso presidente della Fed, Alan Greenspan, parlando qualche settimana fa al Congresso, a ribadire che la banca centrale Usa terra’ gli occhi puntati sul mercato del lavoro, da cui teme i maggiori rischi di spinte inflazionistiche, aggiungendo una provocazione ai legislatori: “se non volete che aumenti i tassi, cambiate le leggi sull’immigrazione”.
Un tasso di disoccupazione cosi’ basso rischia infatti di annullare, almeno in parte, gli effetti dell’aumento di produttivita’ ottenuto con l’applicazione delle nuove tecnologie e generare quindi inflazione da pressione salariale.
“Credo che non ci sbaglieremo a mantenere una politica monetaria seria e vigile per contrastare l’inflazione – ha ribadito Greenspan mercoledi’ parlando alla Casa Bianca in una conferenza sui temi della “nuova economia” – Il nostro obiettivo e’ perseguire la massima crescita economica sostenibile”.