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Usa: dollaro e obbligazioni dopo 100 giorni di Trump

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Il 20 gennaio scorso Donald Trump faceva il suo ingresso ufficiale nello Studio Ovale alla Casa Bianca. Sono passati quasi quattro mesi ma sono poche le promesse elettorali realizzate. E i mercati potrebbero finire la pazienza

La Trump-Euforia, quella con cui i mercati finanziari hanno accolto l’elezione di Donald Trump, si è esaurita, anche se Wall Street continua a rinnovare i massimi storici (ma lo fa con crescente stanchezza). Il rischio maggiore è che ora a farla da padrona sia la sfiducia nella capacità del presidente Usa di realizzare quanto promesso, almeno in parte.

Bryan Whalen, group managing director Us Fixed income di Tvw è netto nel suo giudizio: “I mercati Usa hanno accolto positivamente l’elezione di Donald Trump. A più di 100 giorni dall’insediamento del nuovo presidente possiamo dire che abbiano avuto ragione? La risposta è no”.

Per Keith Wade, capo-economista di Schroders, sono gli stessi mercati a rendersi conto di aver riposto troppa fiducia in Trump: “L’impennata dei mercati azionari, dollaro e rendimenti dei bond Usa che ha accolto l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha iniziato a mostrare segnali di cedimento”.

Lo scenario per le obbligazioni

“Crediamo che il mercato del credito sia stato un po’ troppo precipitoso – riprende Whalen – e ora rischi di ritracciare, una volta che la realtà inizierà a manifestarsi. Il rally dei mercati azionari Usa e dell’high yield hanno riflesso più che altro una speranza verso ciò che Trump e l’amministrazione repubblicana potrebbero implementare”.

Il problema non è solo ciò che non è stato ancora implementato ma ciò che, alla luce dei fatti, si può davvero fare.

“Bisogna guardare in faccia alla realtà, al rapporto debito/Pil, ai tagli delle tasse che non sono stati sostanziali, al tempo che servirà perché gli investimenti in infrastrutture funzionino e siano fatti in modo produttivo”.

In questa situazione Whalen guarda con maggiore interesse ai corporate bond (anche high yield) e agli Emergenti. Con un duplice obiettivo: “Da un lato essere difensivi e dall’altro cercare di ottenere un rendimento. La fase attuale è complicata, anche perché la fine del ciclo del credito potrebbe durare più a lungo del previsto. Per questo bisogna cercare di allocare parte degli asset in obbligazioni di alta qualità, che rendano più dei Treasury ma che allo stesso tempo subiscano lo stesso tipo di declino dei prezzi che interessa i bond societari nell’eventualità in cui si verifichi un deleveraging”.

Inversione di marcia per il dollaro?

Il dollaro è stato sostenuto dall’inasprimento della politica monetaria Usa– spiega Wade di Schroders – in una fase in cui le altre banche centrali stanno mantenendo un atteggiamento accomodante. Quindi sembrano che ulteriori rialzi della Fed possano supportare la moneta e fornire la base per ulteriori apprezzamenti, andando contro i desideri del presidente Trump per una valuta più debole. Tuttavia nei precedenti cicli di inasprimento della Fed il dollaro in media si è leggermente indebolito o è rimasto laterale dopo che il Fomc ha iniziato ad alzare i tassi. Lo stesso sembra avvenire oggi”.