L’inflazione degli Stati Uniti è accelerata ulteriormente ad ottobre, con un rialzo del 6,2% su base annua che ha fatto schizzare l’inflazione ai massimi dal 1990. L’incremento su base mensile è stato dello 0,9%, allungando il passo rispetto a quanto osservato nella rilevazione precedente (+0,4% con un tasso annuo al 5,4%).
Inflazione, i motivi del rialzo
Ancora una volta i prezzi dell’energia sono stati una componente decisiva dell’incremento osservato nell’indice dei prezzi. L’energy index è aumentato su base mensile del 4,8%. Ma l’ufficio di statistica americano ha sottolineato che i rincari sono stati ampi, ed estesi agli affitti, gli alimenti, le auto usate e nuove. Gli affitti, uno degli indicatori di rincaro meno “transitori” fra quelli osservabili nel paniere, sono aumentati dello 0,5% su base mensile (in accelerazione di un decimale) e del 3,5% nei 12 mesi ad ottobre.
La notizia dell’ulteriore surriscaldamento dell’inflazione ha spinto i rendimenti dei Buoni del Tesoro Usa: il titolo a due anni ha aggiunto 8 punti base a 0,51% mentre il decennale ha visto un aumento dei rendimenti 6 punti base a 1,51%.
“Il contesto di inflazione elevata e possibile rallentamento della crescita prospettica con conseguente calo dei tassi nominali a lungo termine, tendono a favorire ancora i settori maggiormente sensibili e tassi calanti e/o con domanda rigida”, ha commentato Antonio Cesarano (Intermonte Sim), “di conseguenza ancora preferenza per tech, utility e lusso”.
“La tesi di inflazione transitoria intesa non con riferimento a pochi mesi ma a qualche trimestre diventa sempre più confermata dall’andamento dei dati mensili”, ha proseguito Cesarano, “con il potenziale surriscaldamento in atto soprattutto della componente affitti e con la conseguente necessità di ridurre il supporto al comparto immobiliare che inizierà con la partenza del tapering già annunciata che prevede tra l’altro 5 miliardi di dollari in meno mensili di acquisti di Mbs (titoli coperti da mutui)”.