L’America ha inaspettatamente perso posti di lavoro nel mese di settembre, sorprendendo in negativo le aspettative di mercato che erano per la creazione di 100 mila impieghi. La perdita di 33 mila unità costituisce il primo calo in sette anni di tempo, variazione negativa che gli economisti e le autorità di Washington D.C. attribuiscono al cattivo tempo e ai disastri naturali.
Nei dati principali comunicati nel rapporto occupazionale governativo mensile sul settore non agricolo ci sono anche elementi positivi da segnalare, tuttavia. Il mese scorso il tasso di disoccupazione si è attestato al 4,2% scendendo dal 4,4%, mentre i salari hanno finalmente dato segni di vita. Gli stipendi sono saliti dello 0,5% su base mensile dopo il +0,2% di agosto, facendo meglio delle attese, che erano per un incremento dello 0,3%.
Fatto sta che il mercato del lavoro degli Stati Uniti si trova oggi in uno stato di salute più pericolante di quanto non si pensasse prima. Gli uragani Harvey e Irma hanno fatto sentire il loro peso sui dati, con 1,47 milioni di americani che non hanno potuto recarsi al lavoro a causa del maltempo. Sebbene i dati di settembre siano da analizzare nel loro contesto, le revisioni al ribasso dei dati di luglio e quelle al rialzo di agosto (a +138 mila da +189 mila e da 156 mila a 169 mila) non sono da minimizzare e comportano nel complesso che siano stati creati 38mila posizioni di lavoro in meno di quanto riportato precedentemente.
In pratica negli ultimi tre mesi sono stati creati in media soltanto 91 mila posti di lavoro. Da inizio anno i posti creati sono invece in media 176 mila. Il Dipartimento del Lavoro aveva messo in conto che le tempeste tropicali Harvey e Irma, che hanno causato gravi danni e decine di morti nei ricchi Stati del Texas e della Florida, avrebbero provocato una frenata del ritmo con cui viene creato lavoro in Usa. Secondo i dati ufficiali a disposizione, nelle aree colpite dagli uragani a marzo c’erano circa 11,2 milioni di lavoratori attivi registrati, pari al 7,7% circa dell’occupazione nazionale complessiva.
Sui mercati il cross euro dollaro si è indebolito scendendo dello 0,33% (a 1,1672 dollari) dopo che prima dei dati scambiava invariato a $1,1711. In rialzo anche i rendimenti dei Treasuries decennali (al 2,38%). Il tasso a due anni sale di 2 punti base all’1,51%. Sul fronte positivo, i salari sono cresciuti del 2,9% su base annuale e anche il tasso di partecipazione alla forza lavoro è andato bene. Le chance che la Federal Reserve imponga un’altra stretta monetaria entro fine anno, con ogni probabilità a dicembre, rimangono elevate secondo le stime di mercato (per gli analisti di Goldman Sachs sono ora all’80%) e questo sta aiutando il biglietto verde, ai massimi da metà agosto, e i rendimenti obbligazionari.