Produrre direttamente il vaccino anti coronavirus in Italia. Questa la strada che vorrebbe imboccare il nuovo governo guidato dall’ex numero uno della Bce Mario Draghi che a tal proposito avrebbe sentito telefonicamente la cancelliera tedesca Angela Merkel per imprimere un’accelerazione alla risposta comune europea sul fronte della distribuzione del siero, ma anche su quello della produzione dei vaccini, dopo i ritardi delle settimane scorse.
Vaccini, la strategia di Draghi
Il Premier incaricato ha costituito un “gabinetto di guerra” anti Covid presieduto dallo stesso premier e dove sono rappresentati tutti i partiti della maggioranza: Giorgetti per la Lega, i ministri di Salute e Affari regionali, Speranza (Leu) e Gelmini (Fi), e i colleghi dei Beni culturali e dell’Agricoltura, Franceschini (Pd) e Patuanelli (M5s).
Come rivela la stampa, il premier ha insistito sulla necessità di aumentare la produzione anche attraverso un impegno diretto dell’industria farmaceutica in Italia. Ma affinché si realizzi in tempo utile, occorre garantire contemporaneamente un’accelerazione nelle approvazioni da parte dell’Ema che deve dare il via libera anche su stabilimenti e macchinari.
Il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti dovrà verificare quanto e soprattutto cosa si possa produrre in Italia a tal proposito giovedì 25 febbraio incontrerà i vertici di Farmindustria per capire se ci sono le condizioni per produrre i vaccini oppure per limitarsi al cosiddetto infialamento delle dosi da somministrare.
Uno dei problemi principali sarebbe legato alla mancanza di bioreattori, la macchina utilizzata per la produzione dei vaccini. Per superarlo, le industrie italiane potrebbero occuparsi della fase della produzione del vaccino, ossia l’infialamento.
Da Farmindustria però fanno sapere che i tempi per la produzione sono tutt’altro che brevi come afferma il presidente Massimo Scaccabarozzi.
Non ci sarebbe bisogno che lo Stato acquisti i diritti, da sempre nel mondo farmaceutico ci sono partnership di questo tipo (…) Stiamo cercando di capire se ci sono aziende in grado di supportare la produzione e soprattutto in quali fasi. Potrebbe essere la produzione vera e propria con i bioreattori se ci sono, o anche l’infialamento come già accade ad esempio con la Catalent di Anagni.