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Valute Brics, ancora nubi all’orizzonte: 2016 a fior di pelle

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NEW YORK (WSI) – Il 2015 sarà ricordato come un annus horribilis per i mercati emergenti. Ma, a quanto pare, la tempesta che si è abbattuta su alcune delle principali valute di questi paesi, che hanno subito forti deprezzamenti contro il dollaro, non è terminata e il mercato delle valute riserva dei Brics non ha ancora toccato il fondo.

Questa è almeno l’idea di Brian Kelly, fondatore di Brian Kelly Capital, società di investimento con sede nel Connecticut, che accende i riflettori su Brasile, Russia, India e Cina, ovvero i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).

Per le valute di questi paesi, come si evince dal grafico sotto riportato, il 2016 sarà all’insegna della volatilità.

“Mentre il rublo, la rupia e il real hanno segnato forti deprezzamenti, lo yuan cinese ha iniziato solo ora la sua fase di flessione. Mi aspetto che nel 2016 la volatilità sarà ancora più sostenuta” ha specificato Kelly in una nota.

Per lo yuan cinese il 2015 ha segnato diverse tappe fondamentali. Nel mese di agosto, la banca centrale cinese ha svalutato la moneta del 2% dopo che alcuni indicatori economici, comprese le esportazioni, hanno iniziato a mandare segnali di allarme.

Il 2015 è stato anche l’anno in cui lo yuan è stato inserito dal Fondo Monetario Internazionale nel Reserve-Currency Basket (paniere delle valute di riserva) , ovvero è diventato, insieme al dollaro, all’euro, allo yen e alla sterlina componente dei diritti speciali di prelievo, unità di conto del FMI.

Diventando, quindi, la moneta cinese una valuta di riserva globale, il mercato di Pechino potrebbe in teoria rivelarsi interessante per gli investitori nel lungo periodo. Quello che è successo finora invece è stato che, complice l’indebolimento dell’economia cinese, sul Forex la divisa asiatica ha perso progressivamente terreno contro il dollaro.

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Oggi il la alle vendite è arrivato l’andamento deludente dell’attività manifatturiera in Cina, scesa a dicembre per il quinto mese di fila, come non accadeva dal 2009, secondo quanto segnalato dai dati Pmi. È stata la scintilla che ha innescato la caduta dello yuan, oggi ad un passo dalla soglia storica di 6,50 sul dollaro, ai minimi dal maggio 2011 dopo il fixing presso la Banca centrale.

Si è così innescata una reazione a catena sui mercati finanziari, preoccupati dalla prospettiva di una guerra valutaria.