NEW YORK (WSI) – Sarà un anno a due facce il 2015 per l’economia mondiale con un primo semestre in velocità e una seconda metà dell’anno meno brillante. Sono le previsioni per il 2015 di Credit Suisse che, nei giorni scorsi ha messo a disposizione dei clienti l’outlook per il prossimo anno.
Tra gli eventi chiave del nuovo anno la fine della politica monetaria espansiva della Fed che, dopo circa 10 anni, alzerà in giugno per la prima volta il costo del denaro. E lo farà con un aumento stimato, nel corso dell’anno, di 75 – 100 punti base e con i tassi a fine anno che toccheranno l’1 – l’1,25%. Un percorso analogo è intravisto per la Bank Of England che porterà , a fine anno, il costo del denaro a 1,5% mentre la Bce confermerà la politica espansiva, entrando a pieno regime nel QE con l’acquisto di titoli di stato.
Crescita mondiale. L’idea di base è che il prossimo anno sarà , in termini di crescita globale, più forte del 2014 con un Pil atteso sopra il 3% a fronte del 2,6% messo in conto per quest’anno. Per gli Stati Uniti le stime dell’ufficio di Credit Suisse indicano un aumento del 3% circa tre volte il Pil della zona euro visto a +1.1%.
Mercato azionario americano. Per gli analisti della banca svizzera, Wall Street continuerĂ , seppure con un alto tasso di volatilitĂ , a consolidare i guadagni nel corso del primo semestre, fino a portare lo S&P 500 a quota 2.200 punti. La musica cambia nel secondo semestre, quando torneranno vendite in seguito alla prima stretta della Fed.
Vendere oro. Il metallo prezioso resta, a detta degli esperti della banca svizzera, sopravvalutato rispetto alla media storica. La fase di debolezza attuale si protrarrĂ nel corso del prossimo anno, quando le quotazioni sono viste in discesa fino a 950 dollari entro fine anno.
Euro/dollaro. La divergenza delle politiche monetarie portate avanti da Fed e Bce con la seconda orientata verso un QE in piena regola, spingerà l’euro/dollaro verso quota 1.1500.
Petrolio. Anche per il petrolio, come per l’oro, le attese sono per una prosecuzione della fase ribassista con i prezzi medi del Brent fissati a 92 dollari per barile, circa il 20% in meno rispetto alla media dei 110 dollari degli ultimi tre anni e il 12% sotto la media del 2014. I rischi maggiori – dicono gli analisti arriveranno dal fronte dell’offerta. Qualora infatti l’Arabia Saudita decidesse di continuare a inondare il mercato di petrolio, i prezzi potrebbero andare ancora più in basso, arrivando a toccare gli 80 dollari al barile, il 25% in meno rispetto alle quotazioni dell’anno in corso.
(MT)