NEW YORK (WSI) – Forse la svalutazione dei prezzi del petrolio è inequivocabilmente positiva per i consumatori occidentali e per i grandi paesi importatori di greggio come l’economia americana, ma sicuramente non si può dire lo stesso per i maggiori produttori di petrolio al mondo.
Vale ancora di piĂą per un paese in crisi come il Venezuela, che avrebbe bisogno di un livello di prezzo sopra i 100 dollari al barile per mantenere intatta una certa stabilitĂ socio-economica.
Caracas, al 100esimo posto nelle classifiche in cui si misura ricchezza e prosperitĂ della popolazione, figura tra i 5 paesi maggiormente ricchi di risorse petrolifere.
Se la fase di ribassi continua il governo di Nicolas Maduro è nei guai seri.
I bond venezuelani sono scivolati a un nuovo minimo record dopo che il valore del greggio è sceso a un nuovo livello negativo del ciclo attuale dei prezzi.
Il default o una svalutazione della moneta nazionale si avvicinano
Tuttavia, come al solito il ministro delle Finanze Rodolfo Marco Torres ha escluso l’ipotesi di abbassare il valore della moneta e rischiare di aumentare ulteriormente l’inflazione, anche se i prezzi in ribasso dell’oro nero dovessero peggiorare ulteriormente lo stato delle finanze del paese.
Come ha sottolineato un analista specializzato in materia, “in assenza di una politica e di misure correttive, tutti sono consapevoli sui mercati che i venezuali corrono seri pericoli”.
Anche se l’Arabia Saudita sta testando la tempra e resistenza dei produttori nordamericani, è il Venezuela il più vulnerabile.
Non a caso è fra i paesi membri dell’Opec ad aver lanciato un appello per una riduzione della produzione. Caracas ha chiesto che si tenesse un meeting di emergenza del cartello del petrolio costituito da 12 paesi.
Venezuela è in una posizione di debolezza rispetto agli altri e il calo del valore del petrolio che ormai si protrae da mesi, ha lanciato un campanello d’allarme a Caracas.