MILANO (WSI) – Le fabbriche del Venezuela, la cui attività è stata interrotta, potranno essere espropriate, i proprietari arrestati e i lavoratori potranno riavviare la produzione: è in arrivo l’ultima svolta “rivoluzionaria”, annunciata dal presidente Nicolas Maduro, per tentare il recupero dell’ordine sociale in un Paese la cui crisi economica ha già diffuso la fame tra la popolazione.
Fra gli analisti pochi credono, però, che l’esasperazione dei venezuelani possa essere contenuta e la presidenza Maduro salvata da una fine che appare inesorabile.Mentre il presidente attacca i ceti borghesi, accusati di aver interrotto i cicli produttivi per destabilizzare politicamente il Paese a loro favore (e non perché siano finiti i dollari per importare le materie prime), le strade del Paese sono state invase dai migliaia manifestanti.
Appena qualche giorno fa sono stati riportati saccheggi di massa ai supermercati; nei disordini sono morte due persone. Quella venezuelana è una discesa senza fine verso quella che potrebbe divenire una vera e propria rivolta: prima i debiti del governo, poi la crescente inflazione e svalutazione della moneta, il razionamento energetico, la scarsità di cibo di prima necessità e, infine, il tentativo sbarrato per un referendum anti-Maduro, la cui raccolta firme non è stata esaminata dalle autorità competenti.
Le industrie del Venezuela “devono funzionare e se la borghesia le abbandona, allora sarà il popolo a prenderle”, ha detto Maduro nel suo ultimo discorso alla nazione. Mentre l’ex paradiso socialista dell’America Latina gioca una delle sue ultime carte, c’è già chi dà la caccia a cani, gatti e piccioni per sfamarsi, come ha denunciato il sindaco di Chacao (Caracas).
Sarà difficile persuadere la popolazione che le disgrazie del Venezuela siano solo il frutto di una “guerra economica” borghese, come più volte Maduro ha ripetuto.