S&P’s ha annunciato il “default parziale” (selective default) sul debito del Venezuela a fronte dell’incapacità del paese di rimborsare 200 milioni di dollari. L’agenzia di rating ha infatti declassato il giudizio sulla qualità creditizia del paese a “selective default” da CC.
Una decisione, annunciata ieri, dopo la fine del periodo di grazia di 30 giorni concesso per pagare due obbligazioni di una società statale, il gruppo elettrico Coropelectric, e arrivata qualche ora dopo la riunione lampo a Caracas tra governo e creditori internazionali, che hanno tentato inutilmente di rinegoziare il debito del paese ed evitare il default. Il meeting è iniziato male e finito nel caos.
La riunione d’emergenza, convocata dal presidente Nicolas Maduro dopo aver annunciato di voler procedere a “un rifinanziamento, una ristrutturazione del debito estero e di tutti i pagamenti che deve effettuare”, è durata appena 25 minuti e si è chiusa senza accordo. Si è parlato di un possibile nuovo incontro, ma senza che venisse fissata nemmeno una data precisa.
Durante l’incontro, il vice presidente venezuelano, Tareck El Aissami, che ha presieduto il meeting, non ha perso l’occasione per leggere una dichiarazione in cui si punta il dito contro le sanzioni Usa, responsabili, a suo dire, del ritardo nei pagamenti del debito di Caracas.
Secondo le autorità del Venezuela, il debito del paese è per il 91% nelle mani di 414 creditori, per un valore complessivo di 150 miliardi di dollari (compresi bond governativii, della Pdvsa, prestiti cinesi e russi).
La situazione critica in cui versa il Venezuela è aggravata dalla forte crisi economica, che attanaglia uno dei maggior esportatori petroliferi al mondo: il Pil è in caduta libera da anni mentre l’inflazione oscilla su livelli da Zimbabwe a fine Anni 90, tra il 700% e il 1.100% annuo.