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Verso Opa di Renzi su governo? Letta: ‘Non mi dimetto, deciderà il Parlamento’

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ROMA (WSI) – Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, presentando ‘Impegno Italia’ (TESTO PDF INTEGRALE), proposta di patto di coalizione tra i partiti che sostengono il governo, ha detto che presents il programma solo adesso “perché rispetto regole e impegni. Il Pd ha chiesto e deciso di votare prima la legge elettorale. E io l’ho fatto perché sono uomo del Pd. Se qualcuno ha perso tempo – ha detto – quello non sono io. Quale durata per Impegno Italia? Io non metto una data – ha proseguito – e la scadenza è legata alle riformesu emergenza economica-finanziaria e sull’impasse istituzionale”. Parlando della riforma della legge elettorale, Letta ha detto che ‘il tema non e’ legato a scadenze temporali ma agli obiettivi da raggiungere. Le mie prospettive personali – ha aggiunto – non c’entrano niente né sulle cose di adesso ne’ sulle cose che mi si propongono per il futuro”

Letta e Renzi cercano così di aggirare l’impasse di governo seguito al loro incontro di stamane. Dopo il faccia a faccia, Matteo Renzi ha riunito nella sede del Pd i fedelissimi dopodichè ha annunciato che domani nel corso della direzione PD esporrà charamente la propria posizione.

Sul sostegno a un eventuale esecutivo a guida Renzi, prende tempo Alfano: “Se il “se” eventualmente sarà tolto nelle prossime ore rifletteremo. Noi non diamo nulla per scontato”. (ANSA)

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Il presidente del Consiglio Enrico Letta, presentando oggi la proporta di un nuovo patto di coalizione chiamato “Impegno Italia”, ha detto che la nuova fase dell’esecutivo non avrà una scadenza temporale, ma sarà legata al raggiungimento degli obiettivi.

“Non metto una data. La durata di Impegno Italia è legata al completamento di queste riforme”, ha detto il premier nel corso di una conferenza stampa, citando la riforma del sistema elettorale, l’abolizione del Senato elettivo e il riequilibrio dei poteri tra Stato e Regioni.

Per Letta, ci sono “troppe discussioni legate al 2018, al 2015, al 2020”, mentre il governo non deve avere scadenze, “ma obbiettivi da raggiungere”.

Nel corso del suo intervento, il premier ha anche ribadito la propria appartenenza al Pd, il partito guidato da Matteo Renzi, che in questi giorni è sembrato voler prender il suo posto a Palazzo Chigi: “Io sono rispettoso delle regole e degli impegni presi, e il Pd ha chiesto che ci fosse prima l’impegno sulla legge elettorale. Io sono un uomo del Pd”. (Reuters)

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Nessun no a priori neppure dal segretario della Lega Matteo Salvini che dice di voler “chiedere a Renzi cosa vuole fare. Non diciamo no a priori. Ma se saranno solo chiacchiere – aggiunge – faremo la guerra parlamentare. Renzi – prosegue – ci dica se vuole esentare dalle tasse gli alluvionati, cancellare la riforma Fornero e ridiscutere dell’euro e dell’Europa. Se ci stupisce con risposte concrete noi non siamo pagati per dire no a priori. Non credo – dice ancora il segretario della Lega – che le elezioni politiche siano a breve ma a livello nazionale noi siamo soli, liberi e forti”Salvini ribadisce poi che alle Europee la Lega “andrà da sola dato che si tratta – ricorda – di un sistema proporzionale” mentre in futuro “valuteremo se vale la pena fare un percorso insieme con il resto del centrodestra”.

Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è disponibile a restare in un eventuale nuovo esecutivo. “Vediamo cosa succede, mi pare di aver già dato in passato la mia disponibilità, ma qualcuno me lo deve chiedere”, ha risposto a una domanda sul suo futuro nella squadra di Governo.

Si smarca, invece, Vendola: “Se lo schema resta quello del governo Letta, non esiste alcuna possibilità per Sel di sostenere Renzi a Palazzo Chigi. Io mi siedo a ragionare solo se si discute di sofferenza sociale e di avanzamento nei diritti civili. Ed è impossibile farlo insieme a Giovanardi e pezzi del centrodestra. Il resto è fantapolitica”.

Il presidente Napolitano bolla come ‘sciocchezze’ l’eventualità di elezioni. citando le parole del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha detto poi che “La fiducia faticosamente riguadagnata non deve essere indebolita dal riaccendersi da timori sulla risolutezza dell’Italia, e di tutti i paesi Euro, a proseguire sulla strada delle riforme e della responsabilità”. (ANSA)

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Enrico Letta respinge l’accusa di avere “perso tempo” e ricorda che è stato il Pd a chiedere di aspettare il voto sulla legge elettorale. Parlando a palazzo Chigi in conferenza stampa, il premier ha detto: “Se si è perso tempo non è colpa mia. Perchè adesso? E’ troppo tardi? Lo faccio adesso perché sono rispettoso degli impegni presi, il Pd ha chiesto – e io ho rispettato e condiviso – che ci fosse prima la legge elettorale. Ho atteso come è giusto che si faccia perché sono un uomo del Pd”. (TmNews)

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L’avvicendamento Letta-Renzi non dovrebbe essere un semplice restyling di facciata, ma un’operazione politica più complessa. La maggioranza di governo che il nuovo segretario del Pd sta formando potrebbe essere la stessa che poi si presenterà agli elettori nel 2015. Se vedrà la luce l’esecutivo Letta potrebbe accantonare o ridimensionare l’obiettivo delle larghe intese per diventare espressione più compiuta del centro-sinistra. In termini concreti: meno spazio agli alleati di Ncd, apertura a Sel.

Circolano già i nomi dei nuovi ministri. Tanti infatti, i cambiamenti al vaglio dell’ex rottamatore.

Vice Presidenza del Consiglio – La posizione potrebbe rimanere al leader di Ncd Angelino Alfano al quale, però, verrebbe tolta la responsabilità del Viminale.

Ministero dell’Economia – I successori di Fabrizio Saccomanni potrebbero essere dei “tecnici”, figure quindi attinte dalla finanza e dalle istituzioni internazionali e non dalla politica. Si fa il nome di Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica, ma anche quello del professore Tito Boeri, e del vicesegretario generale dell’Ocse Piercarlo Padoan.

Ministero degli Interni – Al Viminale potrebbero andare Graziano Delrio o Dario Franceschini.

Ministero degli Esteri – La Farnesina andrebbe a Enrico Letta, ma se, come pare, la staffetta non sarà “consensuale” Emma Bonino resterebbe al suo posto.

Ministero della Giustizia – Quasi certa la sostituzione di Anna Maria Cancellieri con un nuovo nome. Si fa stada quello di Michele Vietti, vice presidente del Csm.

Ministero del Lavoro – Anche Enrico Giovannini avrebbe le ore contate: sulla sua poltrona potrebbero atterrare Guglielmo Epifani, ex sindacalista e segretario del Pd nella transizione Bersani-Renzi, ma non sono esclusi i nomi di Andrea Guerra di Luxottica e del prof. Tito Boeri, già fatti per il dicastero dell’Economia.

Ministero dello Sviluppo Economico – Andrea Guerra è considerato papabile anche per questo terzo ministero, insieme a Maurizio Martina esponente della corrente Dem interna al Pd. In ogni caso, Flavio Zanonato sarebbe rottamato.

Ministero della Difesa – Due signore potrebbero rimpiazzare Mario Mauro. I nomi sono per ora quelli di Federica Mogherini e Roberta Pinotti.

Ministero della Cultura – Sono outsider due dei quattro candidati a questo dicastero per ora in mano a Massimo Bray: “papabili” lo scrittore Alessandro Baricco e il giornalista e storico Paolo Mieli. Ma se le logiche della politica risultassero più forti rispetto a quelle della competenza, avrebbero buone chance pure Dario Franceschini e Gianni Cuperlo.

Ministero delle Infrastrutture – A Maurizio Lupi di Ncd potrebbe succedere il sindaco Pd di Bari, Michele Emiliano.

Ministero dell’Agricoltura – L’erede della dimissionata Nunzia De Girolamo, potrebbe essere il patron di Eataly Oscar Farinetti.

Ministero delle Riforme – A Gaetano Quagliariello potrebbe seguire la giovane esponente Pd Maria Elena Boschi.

Ministero dei Trasporti – Questa delega resterebbe in mano a Maurizio Lupi che al momento ha pure quella alle Infrastrutture.

Ministero dei Rapporti con il Parlamento – A Dario Franceschini seguirebbe l’attuale vice presidente della Camera, Roberto Giachetti.

Ministero dell’Ambiente – Quotata la conferma di Andrea Orlando.

Ministero della Sanità – Anche in questo caso non ci sarebbero modifiche e Beatrice Lorenzin resterebbe al suo posto.

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Il faccia a faccia di oltre un’ora questa mattina a Palazzo Chigi fra il presidente del Consiglio Enrico Letta e il segretario del Pd Matteo Renzi non è stato risolutivo per le sorti del governo.

Per Letta ognuno è rimasto sulle sue posizioni, per Renzi si è trattato di un incontro positivo.

Il premier resiste all’ipotesi della “staffetta” con Renzi e conferma che presenterà oggi stesso ai media il suo programma per rilanciare la coalizione, ha riferito una fonte della presidenza del Consiglio al termine dell’incontro.

Più tardi, tuttavia, una fonte del Pd ha detto che l’incontro è stato “positivo”. E lo stesso Renzi, poco dopo su Twitter, ha postato: “Leggo tante ricostruzioni sul governo. Quello che devo dire, lo dirò domani alle 15 in direzione. In streaming, a viso aperto”.

Il segretario del Pd è arrivato in tarda mattinata su una Smart blu nella sede del governo per incontrare il premier, dopo che ieri sera il presidente della Repubblica ha detto che sulle sorti del governo “la parola spetta al Pd”.

Al termine del faccia a faccia, Renzi si è recato alla sede del partito dove l’aspettavano diversi membri della sua segreteria.

Domani è in programma una direzione del Pd per discutere dei “nuovi schemi” di governo, secondo l’espressione dello stesso Renzi che finora non ha mai dichiarato pubblicamente la sua volontà di assumere la guida dell’esecutivo.

La grande maggioranza dei parlamentari democratici propende però per la sostituzione di Letta con Renzi a Chigi a capo di un governo sorretto dall’attuale coalizione, eventualmente allargato a Sel, che provi a durare fino al termine della legislatura nel 2018, mentre l’orizzonte che si è dato finora Letta è quello di inizio 2015.

Il ministro dell’Economia Maurizio Saccomanni ha invitato stamattina le forze politiche a “rendersi conto della necessità di portare avanti con energia ed efficacia il lavoro di questi mesi. Poi se saremo noi o altri ha poca importanza. L’importante è che non ci siano interruzioni”, con particolare riferimento a spending review, privatizzazioni, e norme su rientro capitale.
(Reuters)