L’articolo è tratto dal magazine Wall Street Italia di maggio e fa parte del lungo dossier dedicato a come investire la liquidità parcheggiata sui conti correnti dagli italiani
di Paolo Legrenzi
È noto che i risparmi degli italiani sono nel complesso troppo imbottiti di investimenti a brevissimo termine o di denaro lasciato in conti monetari. L’enorme massa di liquidità si giustifica con il fatto che il futuro è incerto e potrebbe succedere un imprevisto. Tali scelte affondano le loro radici nell’impenetrabile “inconscio cognitivo” basato su modi di pensare veloci, spontanei, intuitivi.
Ecco alcuni esempi di tali modi di pensare e agire:
1) fai solo le cose che conosci bene,
2) basati sulla tua esperienza passata,
3) evita le scelte che ti sembrano rischiose,
4) il futuro è incerto: tieni dei soldi liquidi
per il “non si sa mai”.
Queste euristiche, che fanno parte del buon senso e della ragionevolezza, sembrano convincenti e sagge. Purtroppo nella gestione dei nostri risparmi possono invece condurre a scelte sub-ottimali perché ci inducono a diversi errori.
Il primo errore è fare solo le cose che si conoscono bene. Di qui il cosiddetto “home bias”, e cioè la tendenza ad allocare i risparmi nelle “cose di casa nostra”. Ecco perché i circa 9mila miliardi di risparmi degli italiani sono pessimamente diversificati. Abbiamo un’eccessiva prevalenza di: a) immobili non destinati a servizi abitativi per il proprietario ma finalizzati a reddito (localizzati in Italia, spesso vicino a dove si abita), b) euro (divisa di uso quotidiano), c) titoli a reddito fisso, d) liquidità.
Il secondo errore è far prevalere l’esperienza passata delle persone anziane, quelle che in maggioranza detengono il risparmio (per più di due terzi in mano a risparmiatori che hanno ben più di sessanta anni). Questo implica privilegiare quello che gli anziani hanno apprezzato come profittevole nel loro passato, in tempi di forte inflazione: immobili e titoli a reddito fisso.
Un terzo errore in cui si tende a cadere è evitare le scelte che sembrano pericolose implica basarsi su quanto viene innescato dalla paura di perdere. Di conseguenza si evitano le borse, considerate rischiose, perdendo uno dei decenni più favolosi dei mercati mondiali: marzo 2009 – aprile 2019. Si privilegiano invece i liquidi e gli immobili perché, come dice la parola, “stanno là, immobili, costanti, fermi, rassicuranti”.
C’è poi un quarto errore: la corretta valutazione dell’incertezza del futuro non si traduce in portafogli azionari differenziati in modo globale, secondo il peso mondiale e la forza delle varie economie. Si tengono invece molti liquidi che sostituiscono il ricorso corretto (e molto più economico) alle assicurazioni intese come prevenzione dei pericoli.
Questo ricorso è frenato da quella che chiamo “assicurazione comportamentale”. Questa, in sostanza (ma non solo), è basata sulla confusione tra i pericoli oggettivi e le paure soggettive (cfr. il mio L’economia nella mente, Cortina 2016). Non si teme ciò che è pericoloso ma ciò che è pauroso, e purtroppo si tratta oggi spesso di fenomeni dalla distanza incolmabile.
I meccanismi appena descritti nell’ultimo decennio hanno impoverito gli italiani in modi a loro spesso completamente ignoti.
Le scelte previdenziali risentono di quella che chiamo la “trappola del tempo”, e cioè della difficoltà a prendere in considerazione un futuro e un passato “lunghi”.
Questo è il solo modo per vincere le incertezze del presente. Orizzonti corti e risparmi concentrati e non diversificati sono la maledizione del “fai da te” (cfr. il mio libro “La consulenza finanziaria”, Mulino 2018).
Come si prospetta lo scenario futuro? In teoria ci sono tre possibilità: 1) che i policy maker proteggano il grande pubblico dalle asimmetrie informative; 2) che venga diffusa l’educazione finanziaria per il bene del risparmiatore finale; 3) che il risparmiatore finale conosca minimamente non tanto e non solo l’economia ma come funziona la sua testa.
Ora il punto 1) è assai debole perché i policy maker non sono preparati e sbagliano spesso in buona fede. Il punto 2 è problematico perché l’industria finanziaria, nel complesso, non ha finora troppo agevolato la trasparenza, anche se la Mifid2 potrebbe far cambiare lo stato delle cose. Il punto 3 si può realizzare solo con l’aiuto di consulenti preparati e onesti.
Purtroppo i risparmiatori italiani tendono a gestire “di persona” i propri risparmi perché sono mossi da un miscuglio di superbia, orgoglio, sfiducia, diffidenza e ignoranza. Quanto meno sanno tanto più credono di sapere e, di conseguenza, ricorrono al “fai da te”.
Leggi il sommario del magazine Wall Street Italia in edicola.