Domani parte ufficialmente la stagione degli utili Usa, banco di prova per la tenuta del mercato azionario. Secondo la stima del consensus, il secondo trimestre fiscale dovrebbe mostrare una crescita degli utili intorno al 20% in lieve calo rispetto al primo trimestre, ma una percentuale ancora sostenuta.
In un quadro che sembra orientato al bello, all’orizzonte si intravede qualche nube. Almeno sul fronte delle aziende. Come quella messa in evidenza dal Wall Street Journal, secondo cui l’aumento dei salari starebbe iniziando a “mangiare” i profitti di alcune società a stelle e strisce. Dal retail passando per gli hotel fino ai fast-food, sono numerosi i settori che hanno lamentato tale fenomeno.
Ovviamente per i lavoratori si tratta di una notizia positiva. Nel mese di giugno, la paga oraria media ha segnato un aumento del 2,7% su base anua (dati del Dipartimento del lavoro). Sebbene sotto le stime del mercato, gli stipendi sono saliti almeno del 2,5% per 16 dei 17 mesi.
I maggiori costi rappresentano una minaccia per alcune società statunitensi che stanno già affrontando tensioni commerciali e una limitata capacità di aumentare i prezzi per tenere il passo con l’inflazione. Gli economisti di Goldman Sachs prevedono che ogni aumento percentuale dell’inflazione trascinerà in basso i guadagni delle aziende nell’S & P 500 dello 0,8%. In totale, la banca stima che il costo del lavoro rappresenti il 13% delle entrate per le aziende dello S & P 500.
Secondo un rapporto di Bank of America Merrill Lynch Global Research, il 10% delle aziende dello S & P 500 ha citato l’aumento del costo del lavoro come fattore che ha pesato sui risultati del primo trimestre, una percentale in rialzo rispetto all’8% del quarto trimestre.