“Solo gli inquieti sanno com’è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza”
Emily Brontë, “Cime tempestose”
Siamo stati proiettati repentinamente in un contesto economico davvero singolare che ha rotto quegli equilibri raggiunti nel ventennio precedente. I motivi fondamentalmente, in maniera forse superficiale, sono stati ricondotti prima al Covid e poi alla guerra tra Russia e Ucraina.
Tutto ciò in realtà non è solo una questione legata a questi motivi appena enunciati o agli effetti prodotti “dai e sui” mercati finanziari, ma bensì questo radicale cambiamento, che improvvisamente ha subito una fulminea accelerazione, ha certamente degli interessi molto più larghi rispetto alle solo questioni economiche ed è già in essere da qualche anno.
Siamo dentro a un vortice i cui effetti sono la risultante di una serie indefinita di variabili che sono entrate in gioco, con conseguenti reazioni a catena e che stanno producendo risultati che scombussolano simmetrie, bilanciamenti e quella presunta stabilità.
Si è scatenato per “merito” di un virus proveniente dalla Cina e che ha letteralmente fermato il mondo, ha cambiato quei paradigmi caratteristici e divenuti consolidati, ha costretto a rivedere le priorità ed ha letteralmente messo in discussione i punti fragili sia di una modernità che della rappresentatività che si era costruita fino ad allora dietro l’espressione della globalizzazione.
Improvvisamente ci si è accorti che la pandemia abbia avuto la facile possibilità di correre lungo tutto il pianeta, rappresentando la più grossa paura della storia dell’uomo degli ultimi cento anni.
Un nemico invisibile che ha letteralmente immobilizzato e destabilizzato il sistema moderno, ritenuto efficiente e capace di avere tutto sotto controllo. Invece sono venute a galla delle crepe indelebili e di soprassalto si è messo in discussione giusto la globalizzazione e la capacità di poter essere nella migliore mobilità di sempre.
In mezzo a questo processo di instabilità fuori controllo, dove tutto sembrava indirizzato verso una involuzione, invece due grandi opportunità si sono erette sopra ad ogni cosa: il buco dell’ozono si è ridotto come non mai (come nessuna incessante azione prodigiosa avrebbe potuto produrre) e la scienza – quella che studia ogni giorno il benessere e la salute dell’uomo – ha assunto una importanza fondamentale. In particolare giusto quella parte capace di tirare fuori dal cilindro un vaccino che ha comunque – seppur con effetti collaterali e con pericolose sperimentazioni sul campo – favorito in qualche maniera la vittoria dell’uomo su quello stesso “nemico invisibile”.
Come se non bastasse tutto questo, un paio di ulteriori tasselli nel quadro geopolitico agitano le menti di coloro che studiano gli equilibri: attraverso quella guerra che non vogliamo vedere, che corre su un asse economico-strategico e che coinvolge principalmente gli Stati Uniti e la Cina, a cui si aggiunge una incontrollata migrazione di massa, che sarà sempre più agevolata da una serie di fattori che si sono concatenati.
Siamo in una specie di centrifuga, dove, tra l’altro, anche il cambio climatico – che ha degli effetti più allargati – ricopre un ruolo primario, per non parlare poi della necessità di rivedere tutte le questioni attorno al capitolo energia, per una sempre più urgente richiesta di energie rinnovabili.
Siamo di fatto dinanzi al più grande rimescolamento della storia moderna, perché abbiamo superato quota 8 miliardi di esseri umani nel pianeta (non equamente distribuiti), perché certi paesi etichettati “emergenti” sono diventati più che influenti, perché vorremmo allontanarci dalle energie dipendenti dalle fonti fossili, perché le donne avranno un ruolo sempre crescente (e lo scopo sarebbe quello di ridurre ancora di più un gap sostanziale) e l’elenco potrebbe non avere fine.
Cosa ci dicono questa sequenza di variabili entrate in circolo? Che se abbiamo assunto dei comportamenti adeguati fino ad oggi, le stesse modalità dovranno subire dei cambiamenti radicali. Perché non è possibile agire alla stessa maniera, mentre tutto sta mutando. È anche logico attendersi nuove prospettive, per cui sarà necessario cambiare abitudini ed assumere nuovi modi di pensare e di agire. Non a caso gli storici sono certamente in allerta, per scrivere nuove pagine dell’evoluzione.
D’altro canto, se viene in qualche maniera messa in discussione la globalizzazione, non può fare eccezione, ancora di più, ogni idea intorno al nazionalismo.
Dobbiamo così considerare che cambieranno le modalità di interazione fra esseri umani, il modo di viaggiare, salirà in cattedra l’intelligenza artificiale, dovremo cercare di preservare l’ambiente e l’uomo dovrà ricercare nuovi metodi per produrre cibo per tutti.
Con particolare riguardo al nostro paese, siamo già nella fase di aver registrato l’ingresso nel mondo del lavoro sempre più tardi e si smetterà conseguentemente dopo, per non parlare che saranno necessari approcci diversi, verso professioni differenti. Dovranno essere ridisegnati i sistemi sanitari e quelli previdenziali e aspettiamoci che cambierà la geografia del mondo. E con queste premesse che ci verrà ancora più spontaneo farci qualche domanda futuristica:
- Scopriremo che ci sarà vita in altri pianeti?
- La tecnologia ci farà esplorare nuove frontiere?
- Quanto crescerà la popolazione mondiale?
- Dove tirerà il vento?
Intanto la diversificazione attraverso una scientifica pianificazione e la capacità di adattamento dovranno essere il passepartout sostanziale delle nuove generazioni.
Il conflitto generazionale – che è stato così evidente negli ultimi decenni – dovrà trovare una forma di tregua e di stabilità inter-generazionale.
Non si potrà vivere di luce riflessa e/o di meriti già acquisiti. Siamo come quando nel Gran Premio di “Formula 1”, entra la Safety-car. Ora come ora, siamo tutti allineati, pronti a sfrecciare quando la safety-car avrà lasciato il campo di gara. È un’altra competizione, ci sono altri competitor, è nato un nuovo mondo.
Tanto per prendere qualche esempio, le criptovalute potranno disegnare nuovi scenari, le regole necessariamente andranno riscritte e possiamo ripensare forse a scenari già visti che si ripresentano?
Giusto questa sembra essere una domanda retorica che contiene una risposta scontata e da qui ripartiamo con la convinzione che non sarà possibile assumere gli stessi atteggiamenti per aspettarsi dei risultati in linea con queste nuove circostanze.
Vincerà certamente chi sarà più rapido ad adattarsi. Come al tempo dei dinosauri, che pur essendo, tra gli esseri viventi, i più forti, non conformandosi, ad un certo punto, si estinsero. La metafora sembra adattabile perfettamente al caso: non si prevede che possa svilupparsi un equilibrio attorno ai più forti, in questo repentina trasformazione, ma che possa al contrario essere favorito chi avrà la più chiara e contemporaneamente la più celere capacità di adeguarsi alle nuove condizioni e al nuovo stato di cose.
Si determineranno nuove congiunture per avviare quei processi di evoluzione che mai hanno subito brusche marce indietro nella millenaria storia dell’uomo.
E con l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha giusto recentemente annunciato la fine dell’emergenza Covid, con un bilancio che parrebbe parlare di oltre 20 milioni di morti nel mondo, sembra che sia molto vicino il tempo in cui la safety-car sia pronta ad uscire.