Articolo di Vincenzo Menna, consulente finanziario di VASTO (CH)
Uno degli aspetti più importanti degli investimenti finanziari è la fiscalità sia perché essa rappresenta una fetta molto grande del guadagno (più di un quarto) sia perché c’è la possibilità di recuperare le perdite pregresse.
In Italia la tassazione sulle rendite finanziarie è pari al 26%, con la sola eccezione dei Titoli di Stato (e titoli equiparati), per i quali vige un’aliquota del 12,50%. Questa tassazione non viene però applicata nello stesso modo a tutti i prodotti, perché a seconda della tipologia di strumento che si utilizza, le legge distingue tra «redditi da capitale» e «redditi diversi».
I REDDITI DI CAPITALE sono i guadagni derivanti da FONDI, ETF, CEDOLE e DIVIDENDI;
I REDDITI DIVERSI sono invece le plusvalenze realizzate dalla negoziazione in AZIONI, OBBLIGAZIONI, DERIVATI e CERTIFICATI.
La regola fiscale è questa:
i redditi di capitale sono tassati senza alcuna possibilità di compensazione, mentre i redditi diversi ammettono la compensazione delle minusvalenze.
Come funziona lo zainetto fiscale?
Ogni perdita comunque realizzata (da titoli o da fondi, non importa) viene accantonata fiscalmente nello “zainetto fiscale” e può essere recuperata nell’anno in corso e nei successivi quattro anni, dopodiché scade. Essa però può essere compensata solo con un reddito diverso (plusvalenza da titoli).
Facciamo un esempio: se uno zainetto fiscale contiene 1.000 euro di minusvalenze, l’investitore non pagherà tasse per i primi 1.000 euro che guadagnerà dalla negoziazione titoli. Questi 1.000 euro andranno a «svuotare» lo zainetto e da quel momento in poi anche i nuovi redditi diversi torneranno a essere regolarmente tassati.
Il recupero dello zainetto fiscale
A causa di questa bizzarra regola che distingue fiscalmente i redditi di capitale e i redditi diversi oggi gli investitori si ritrovano con zainetti fiscali carichi di minusvalenze (il più delle volte realizzate dalla compravendita titoli) che non possono compensate con i guadagni realizzati con il risparmio gestito (fondi/EFT). Ciò determina un grosso disappunto da parte degli investitori e una sfiducia nel sistema fiscale. Da una parte infatti la diversificazione spinge l’investitore verso il risparmio gestito, e dall’altra, la fiscalità lo spinge verso la negoziazione titoli.
Troppo spesso però si è dovuto constatare che chi abbandona la linea guida della diversificazione (fondi) per abbracciare il fai-da-te (titoli), aumenta lo zainetto fiscale con ulteriori perdite, cioè ottiene il risultato opposto.
Trovare una soluzione a questo trade-off tra diversificazione e fiscalità non è semplice ma oggi esistono strumenti, come ad esempio i certificates benchmark, che consentono di raggiungere questa finalità. Si tratta di strumenti complessi e spesso poco liquidi che possono essere inseriti in un portafoglio sotto la stretta osservazione di un consulente.
Affidarsi ad un professionista
La gestione efficiente della fiscalità e del risparmio in generale richiede oggi l’ausilio di un consulente professionista. Il fai-da-te diventa sempre più complicato e genera il più delle volte dolorose perdite. Come abbia visto in precedenza, il tema delle minusvalenze è molto sentito dagli investitori. Saper gestire il calendario delle minusvalenze in scadenza, sapere cosa vendere prima e cosa dopo, quali strumenti utilizzare per il recupero delle minusvalenze sono tutti aspetti da curare con attenzione soprattutto per coloro che hanno grandi patrimoni finanziari da gestire.
Questo articolo fa parte di una rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: social.tfinance@triboo.it
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