di Mattia Caon, private banker
Al giorno d’oggi sempre più giovani scelgono di diventare consulenti finanziari. Mi piacerebbe condividere con loro ciò che ho appreso in questo primo anno di professione.
Recentemente ho avuto l’occasione di incontrare un docente dell’Università Cattolica di Milano, che ha esposto delle tesi interessanti contenute nello studio sul Fattore Gamma di Morningstar.
Il ruolo dei consulenti finanziari
Ci ha fatto notare come è ricorrente che molti consulenti si concentrino prevalentemente sulla costruzione di portafogli efficienti per i clienti, trascurando l’ambito più complessivo dei servizi che possono prestare ai propri assistiti.
Lo studio Gamma rileva come l’analisi del professionista possa estendersi, oltre che alla ricerca di investimenti migliori legati alle scelte di portafoglio, anche alle strategie di localizzazione delle attività, alla pianificazione dal punto di vista fiscale, dei prodotti di investimento e assicurativi, all’ottimizzazione delle pensioni.
In breve: “Be Prepared” cioè prevedere i possibili “momenti rischiosi” nella vita dell’assistito e guidarlo, nel processo decisionale, in un’ottica finanziaria evoluta.
In diverse occasioni ho chiesto “hai un fondo di emergenza?” oppure “vista la tua professione, hai una copertura assicurativa?”.
Evidentemente questo comporta dei costi aggiuntivi, quindi la prima risposta è stata quantomeno dubitativa. Solo dopo ci si rende conto che essere preparati agli inconvenienti che la vita ci riserva è un bisogno primario e ci trasmette una serenità che ci rende più liberi.
Massimizzare la ricchezza con pochi strumenti non è l’unica soluzione. Esiste una grande quantità di variabili da considerare che l’assistito non è in grado di cogliere, uno dei nostri compiti è riuscire a portarle alla luce per “essere pronti al momento giusto”. “Devo mantenere della liquidità nel conto per far fronte agli imprevisti: magari mi faccio male… potrebbero servire ai miei figli…se ho una necessità”.
Ad esempio un prodotto assicurativo sulla vita o sugli infortuni può coprire il fabbisogno improvviso, pur consentendo di ridurre la liquidità inutilizzata in conto corrente.
Non sempre una famiglia che, faticosamente accumula risparmi “sotto il materasso”, sta facendo la scelta giusta: basti pensare all’inflazione di quest’ultimo anno.
Lo studio continua spiegando come il nostro compito inizi con il far capire le differenze fra domini decisionali e trovare la migliore scelta ad ogni problema, darsi degli obiettivi, regole e vincoli utili per raggiungerli. Esistendo un numero immenso di variabili il consulente arriva in aiuto ottimizzando le risorse, il tempo ed anche l’emotività dell’assistito; sappiamo tutti che l’auto si acquista e poi si trovano i motivi razionali per farlo.
Le fonti di informazione finanziaria
Gli autori dello studio ci segnalano che, negli Stati Uniti nel 2001, solo il 3% delle famiglie utilizzava Internet come fonte primaria di informazione finanziaria; nel 2016 erano il 40%. Tuttavia, i risultati migliori sono diminuiti dal 2001 al 2016. Altre fonti d’informazione sono gli amici, i conoscenti, i transactional advisor (banker o broker) e il consulente finanziario (financial advisor).
Vi sono diverse variabili da considerare: adeguatezza del rischio di portafoglio, abitudini di risparmio, copertura assicurativa sulla vita, debito rotativo della carta di credito e risparmio di emergenza. Solo il consulente ha la possibilità di fornire un servizio che riesca ad armonizzare tutti questi aspetti, ciò che non sarebbe possibile per le altre fonti.
Il consulente skipper
In un mondo dove oggi i consulenti finanziari sono spesso visti solo come “surfer di ricchezza” più che come pianificatori (skipper), sarebbe opportuno rendere consapevoli del nostro valore i nostri assistiti. Per noi nuove leve, riuscire a creare il portafoglio migliore di tutti è semplicemente onirico: i nostri assistiti hanno bisogno di essere supportati nella pianificazione finanziaria, nelle decisioni finanziarie e nella protezione dei patrimoni.
Il valore che stiamo fornendo non è basato solo sulla performance: l’andamento del mercato è uguale per tutti, sono le decisioni prese grazie al rapporto continuativo instaurato con l’assistito che fanno la differenza. Nei momenti di scontento generale, quando il clickbait si sovrappone alla realtà e la paura si diffonde a macchia d’olio, quando le performance scendono sotto le attese, cosa resta all’assistito? La rete di protezione che abbiamo steso, il supporto alle decisioni nei momenti difficili.
È come pensare ad un surfista ed a uno skipper: il surfista deve seguire le correnti e le onde del mare per navigare; lo skipper preparato, anche con il mare in tempesta, può andare contro le onde e superarle avendo ben presente la direzione e l’obiettivo come meta.