Articolo di Caterina La Grotteria, consulente finanziario di Venturina Terme (Livorno)
Quanti di voi si con chiesti “ma il consulente finanziario di cosa si occupa? Perché dovrei contattarlo?”. La radice della parola consulenza deriva dal latino “cum sedere”, ovvero stare seduti insieme. Tutto ciò che ne deriva in seguito è la volontà di “essere disponibili all’ascolto”, stando seduti insieme. Non solo, la personificazione nel mettersi nei panni degli altri, creando quella che comunemente viene chiamata empatia, è un altro aspetto non di poco conto. Ma c’è un ulteriore passaggio da tenere in considerazione rispetto a quello che definisce il concetto vero e proprio di consulenza ed è il lavoro sartoriale che il professionista deve adottare nei confronti del proprio interlocutore. Non per passare dall’ascolto all’ascolto attivo (chiaramente stando seduti insieme vien da sé che si inizia un dialogo produttivo), ma per prendere le misure che serviranno per cucire il vestito su misura.
Le emozioni e il dialogo guidano il processo finanziario
Ecco allora che entreranno in gioco le emozioni, nel vedersi misurare e distribuire centimetri, le insicurezze, nel confrontarsi con tessuti e stoffe nuove e diverse, e l’entusiasmo di voler provare una veste insolita e personalizzata. Qui il sarto, per essere tale, deve aver compreso l’esigenza e la tipologia di vestito da proporre. E non c’è bisogno di aspettare la “prova” d’abito per capire se si è fatto un buon lavoro. A mio avviso, laddove l’interlocutore comincia a fare le domande “giuste” in relazione a quello che gli stiamo cucendo e non solo, ma partecipa con obiezioni del tipo:
“ma siamo sicuri che mi starà?”
“mi sentirò in grado di portarlo nel lungo periodo?”
“mi darà la soddisfazione che sto cercando di raggiungere?”
…ecco, in questo caso, siamo sulla retta via. Questo perché? Perché l’importanza di sapersi misurare con quello che gli stiamo proponendo l’abbiamo attraverso lo scambio partecipativo. E il nostro lavoro non finisce rispondendo alle domande con più o meno rassicurazioni di sorta ma quando si riesce a parlare lo stesso linguaggio creando un unico livello comunicativo che permetta di allineare e abbassare le barriere che la maggior parte delle volte sono semplici richieste di spiegazioni ulteriori. La chiave è avere la stessa chiarezza rispetto a quello che viene proposto e a quello che andrà fatto.
Dove e come iniziare ad investire?
Ad esempio, un semplice ma efficace strumento che permette di impostare anche con cifre accessibili un capitale nel tempo, è il PAC (PIANO DI ACCUMULO DI CAPITALE) o meglio ancora il PIR che, nato recentemente, ha visto il suo sviluppo anche nel piano della nuova legge di bilancio 2020.
Vediamo di cosa si tratta.
L’acronimo PIR sta per PIANO INDIVIDUALE DI RISPARMIO ed è una forma di investimento a medio, lungo termine. Spesso e volentieri ci si chiede come poter essere parte attiva del nostro Paese e con i PIR vi è lo scopo di canalizzare il risparmio privato italiano verso le imprese, soprattutto piccole e medie, in perenne ricerca di canali di finanziamento alternativi a quelli bancari.
Sono programmi di risparmio pensati per singole persone fisiche fiscalmente residenti in Italia le quali:
- non devono avere nello stesso momento, più di un piano di risparmio;
- non vogliono cointestare il piano con altre persone fisiche, anche se minorenni (ad esempio, anche un minorenne può essere titolare di un pir);
- devono detenere i pir per almeno cinque anni.
Esistono due tipologie di PIR, uno classico e uno 3.0.
Le caratteristiche del piano individuale di risparmio ‘classico’:
- non deve superare i 30.000€ annui e i 150.000€ complessivi;
- gli strumenti finanziari di uno stesso emittente (es. azioni di una singola società) non devono essere superiori al 10% dell’investimento totale;
- almeno il 70% dell’investimento totale è destinata a strumenti finanziari qualificati, ossia emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia.
- Il 30% del 70% dei pir costituiti nel 2017/2018 doveva essere investito in strumenti emessi da Pmi ( Piccole medie imprese) quotate nei segmenti MidCap, Star, Standard o Aim Italia di Borsa Italiana.
Poi ci sono i PIR alternativi, quelli 3.0, destinati a una clientela private, per tale intendendosi quella con un patrimonio finanziario elevato, disponibile alla diversificazione degli investimenti e a cogliere le opportunità del mercato, anche a discapito della medio lungo periodo del relativo orizzonte temporale.
Nella loro versione tradizionale i piani individuali di risparmio consentono alle persone fisiche residenti in Italia di:
- non pagare tasse sui primi 30.000 di guadagno, nel limite di 150.000 euro di investimenti;
A due condizioni:
- destinare il 21% del portafoglio a titoli non del Ftse Mib;
- mantenere gli investimenti in portafoglio per almeno cinque anni.
i PIR alternativi godono invece di
- esenzione totale:
- dalle imposte sui redditi per le rendite finanziarie e le plusvalenze di capitale per gli investimenti del portafoglio pir detenuti per almeno cinque anni;
- dall’imposta di successione;
- un credito d’imposta a fronte di eventuali perdite relative agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021, fino a un valore massimo di 60mila euro (pari al 20% del tetto di 300mila euro annuale di investimenti in questo tipo di strumenti) detraibili dal 2026 in 10 rate annuali in compensazione con F24.
Questa è solo una delle possibili proposte i in grado di poter rendere accessibile il mondo della finanza anche ai meno propensi a farlo; vedendolo perciò come un punto di partenza e non di arrivo!
Se avete dubbi, non esitate a contattarmi.
Questo articolo fa parte di una rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: social.tfinance@triboo.it
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