di Maria Anna Pinturo, consulente finanziaria
Se vuoi investire devi avere un profilo di investitore che deve identificare chi sei, quali sono i tuoi obiettivi, qual è il tuo orizzonte temporale e, soprattutto, qual è la tua tolleranza del rischio. Io aggiungerei anche “qual è il tuo stato di salute”, visto e considerato che negli ultimi anni l’investimento e il suo andamento hanno messo a dura prova anche questo aspetto (il cliente è innanzitutto una persona).
Quindi, se e solo se risponderai a tutte le domande con assoluta onestà intellettuale (e credetemi, gli investitori si raccontano in un modo e poi agiscono in tutt’altra maniera, millantando prudenza e poi chiedendo alti rendimenti in ogni caso), potrai finalmente, dopo un tale screening regolatorio, iniziare. Un processo di identificazione del profilo che avrà tanto più peso quanto più l’investitore decide di affidarsi a un consulente finanziario che, in quanto tale, avrà l’onore di gestire il suo patrimonio e l’onere di accertare che siano rispettate le regole dell’investimento perfetto. Se, invece, l’investitore decide di fare da sé, è come se intraprendesse un gioco senza nessuna regola, al di fuori del suo sentire che certe scelte siano da fare.
Siamo sicuri che le cose nella finanza stiano così? Sicuri che il processo regolatorio, che va premesso alla costruzione di un portafoglio per un investitore, corrisponda a come si muove la finanza sul piano generale? Secondo le regole?
Due tendenze sorprendenti (e opposte)
Direi proprio di no. E il cliente ha ragione a evidenziarlo. Non è vero che il cliente ha sempre ragione, ma in questo caso ce l’ha.
Ci troviamo infatti in una fase storica in cui sembra che la de-regolamentazione stia avendo la meglio esattamente nel settore (guarda un po’) dove si colloca sia chi investe sia chi dà consigli di investimento. Cioè nel settore finanziario. Perché proprio qui, dove da sempre si pone l’accento sulla “regola” se non sul “regolamento”, sta accadendo di tutto, anche se il settore finanziario dovrebbe essere privilegiato nei portafogli, visto e considerato che quando i tassi si alzano il maggior beneficio arriva proprio qui.
Invece. Mai come ora le parole che rimbalzano sui media sono fallimento bancario, crisi di liquidità, salvataggio. E, in una assoluta e quasi stravagante coerenza, dalla parte opposta, bull market per il settore delle criptovalute. È un paradosso: nel mercato finanziario, eretto su regole, le cose non funzionano (prova ne sia il fallimento di certi istituti sia di qua che di là dall’oceano), mentre nel mercato de-regolamentato per eccellenza, sin dall’origine non basato su regole, ovvero il mercato delle criptovalute, tutto va a gonfie vele, nel vero senso della parola, con le maggiori cripto in forte ripresa.
E quando l’investitore, giustamente, chiede una spiegazione al suo consulente, la risposta più ricorrente che riceve è questa: «È tutta colpa dei tassi!», e ancora: «Vedrà che quando i tassi scenderanno la situazione tornerà sotto controllo». Posso dire una delle mie frasi brutali? Scordatevelo. Questa è la versione dei Simpson di come stiano le cose (passatemi l’ironia).
La verità nuova sui prezzi
Andiamo con ordine. Il fatto che si siano alzati i tassi ha fatto la differenza, è vero, nei prezzi di azioni e obbligazioni. Ma una differenza giusta, corretta, che ci voleva. Che era necessaria, tra il mondo dei prezzi finti (ossia tronfi della negoziazione della Borsa) e il mondo dell’economia, dei prezzi reali, quelli che hanno attualizzato tassi positivi e hanno fatto vedere cosa ci stesse realmente sotto tutto il denaro delle banche centrali. Quindi evitiamo le stupidaggini. I tassi positivi ci volevano e dovevano arrivare, e questo ha sconfitto la finanza finta, quella in cui per anni i prezzi sono stati falsati dall’inganno della liquidità delle Banche centrali.
Ora, accettata la dura verità, cosa è successo? A cosa ha portato questa verità nuova sui prezzi? Ha portato finalmente alle verità nascoste, che erano sepolte da anni di coperture favorite dalla enorme liquidità facile presente sul sistema.
E così è venuto a galla quanto la finanza, in fondo, sia effettivamente de-regolamentata, e in quanto tale bisognosa di regolamentazione, quasi sullo stesso piano del mondo delle cripto, nato senza nessuna regola e indicato addirittura come colpevole di aver introdotto la finanza senza alcuna regola. Quando, invece, il vero indagato speciale avrebbe dovuto essere da sempre quello per sua natura meno sospettabile, perché nato sulla presunzione di essere fondato su regole: il mondo della finanza tradizionale.
Un’emergenza, non un’opzione
Ma allora, se il mondo finanziario è messo così, se è così poco accessibile al punto da farci credere di essere protetti quando invece all’improvviso tutto salta, questo si traduce automaticamente nella conclusione che investire non si deve o, peggio, che investire non ha più senso? Ancora. Quello che stiamo vedendo è la dimostrazione che investire si traduce nell’accettazione indiscriminata di un mondo senza regole, quasi a giustificare o legittimare il fai da te o la finanza criptocentrica, e basta?
Non è questa la conclusione. Anzi. A maggior ragione, proprio perché l’investitore si ritrova capitali da investire sul mercato, alla luce della impossibilità di tenere sotto controllo la finanza per come si sta rivelando, senza le coperture createsi in oltre un decennio a causa della liquidità e (in questo senso sì) grazie al rialzo dei tassi, per questo dovrà sempre più scegliere di non fare da sé e di non andare dietro alle tendenze più appariscenti. Dovrà, piuttosto, dedicarsi a intercettare un consulente che lo possa seguire e anche, in certi momenti, in-seguire per prendere determinate decisioni. Che possa essere per lui non più solo un promotore di investimenti, ma un faro nell’individuare le differenze di prezzi di cui approfittare oggi più che mai, oggi che quelle differenze finalmente dicono di più su quali siano gli aspetti o i settori o i Paesi o le aziende da seguire. Fino a quando questi prezzi si manterranno più reali, più attendibili nel dire come stanno veramente le cose, sul piano economico. Perché su quello finanziario forse avremo ancora tanto da scoprire. Per questo, avere un consulente è diventato quasi un’emergenza, e non più semplicemente un’opzione da prendere in considerazione.
Alla prossima… casualità finanziaria!