di Alberto Raponi, consulente finanziario
L’andamento ribassista dei mercati mondiali ha schiacciato gli indici americani verso i minimi annuali. La domanda è: terranno o se il loro approssimarsi sia una occasione di acquisto per sfruttare un rimbalzo? Ebbene chiariamo un punto: la palla di vetro non ce l’ha nessuno! Guai a pensare che esista qualcuno che preveda nei tempi e nei modi il futuro. L’unica cosa che si può fare è analizzare, confrontare, ragionare e poi prendere le decisioni consci del fatto che in finanza, come in medicina ed in mille altre scienze e/o discipline, le decisioni possono essere riviste, ritoccate o addirittura rigettate.
Allora andiamo ad analizzare il contesto: sul fronte economico finanziario le banche centrali continuano nelle loro politiche di rialzo dei tassi. La Fed, come da previsione, ha rialzato il costo del denaro dello 0,75%, portandolo sopra il 3%, ai massimi dal 2008, cosa impensabile fino a qualche mese fa. La seguono ed in certi casi la anticipano tutte le altre banche centrali mondiali, e questo trend è certamente nemico dei mercati azionari. La Fed non vuole che il mercato vada su in quanto la creazione di ricchezza non rallenta la domanda, e la domanda sostiene l’inflazione. Sono dichiarazioni di Powell a Jackson Hole a fine agosto, nitide e chiare. E quindi il suo discorso di settembre ha solo ribadito questo. Basterà mettere un freno ai mercati, al lavoro, in quanto ha anche parlato di necessità di un po’ di disoccupazione, per fermare l’inflazione, vero nemico da combattere? Staremo a vedere, ma certo pretendere che tutto si fermi forse è un po’ troppo.
Anche dal punto di vista geopolitico il contesto non promette bene. La guerra russo ucraina imperversa, elezioni qua e lĂ per il mondo generano (a torto non certo a ragione) timori, e sembra come se il globo possa cambiare i suoi equilibri, tassello negativo anche questo.
Passiamo ora alla fase del confronto. In passato ogni qualvolta che i tassi si sono portati oltre certe soglie è venuto meno l’appetito per il mercato azionario. La logica è la seguente: se piazzarmi su un bond sicuro (…) mi rende l’X% il premio per il rischio deve salire. E più è alto questo X più è difficile che questo premio mi paghi per affrontare un mercato incerto, almeno nei tempi. Questa soglia era quella del 4%, e su varie scadenze, soprattutto quelle più brevi, i Treasury lo hanno raggiunto. Quindi anche sul lato confronto le prospettive per i mercati azionari non sono ottime. Si potrebbe eccepire, e sarebbe corretto, che parliamo di rendimenti nominali, e che se li depuriamo dall’inflazione rimane ben poco se rimane qualcosa, quindi questo X dovrebbe essere ancora più alto, quindi se si pensa che la Fed vinca la sua battaglia contro l’inflazione andrebbe bene questo assunto, in quanto ridurrà i tassi in futuro, meno bene andrebbe se perdurasse il carovita. Ma comunque un rendimento “facciale” è sempre qualcosa, ed è sempre meglio di incertezza.
Passiamo all’ultima fase, quella del ragionamento. Quello su cui si deve ragionare e dove forse passano le risposte è se il mondo nuovo, quello post pandemico sia ancora deflattivo. Fino ad oggi dall’inizio dell’era della globalizzazione l’impostazione del mondo creava deflazione, ossia calo dei prezzi dei beni. Perché? Perché l’apertura delle frontiere e dei mercati dei capitali aveva generato la ricerca dei luoghi di produzione e di approvvigionamento delle materie prime più convenienti. Delocalizzazione, esternalizzazione, sono concetti che hanno generato una riduzione dei costi di produzione che si è riflessa poi sui prezzi finali. Produrre in luoghi dove la manodopera costa poco, comprare le materie prime dove costano meno e poi organizzare tutto con una efficiente struttura dei trasporti è stato lo sport più praticato da aziende e governi negli ultimi venti anni. Questa deflazione indotta da questi fenomeni però non portava crescita, o meglio non la portava nei paesi già maturi. E questa assenza di crescita ha portato nel tempo ad una riduzione dei redditi che cozza con la civiltà odierna che necessita di consumi. Poi è arrivata la pandemia e tutto è cambiato. Qualcuno ha capito che non ci si può legare solo ai trasporti transcontinentali e allora si tenta di riportare indietro le lancette di un ventennio. La pandemia poi è stata combattuta sostenendo i redditi, cosa che ha di per se alimentato i consumi, e questo aumento è arrivato nel momento in cui la produzione dei beni non è più delocalizzata, almeno per il momento, e questo mix ha portato i tassi di inflazione ai livelli attuali. E allora termini come supply chain, blocco della catene produttive, sono diventati di uso comune. Ma sono temporanei o definitivi? Questo è da cercare di capire. Il mondo attraversa una fase transitoria o definitiva? Nel caso in cui ritorni ad essere deflattivo sarebbe un buon momento su tutti gli asset, in quanto ci troveremo di fronte a veri e propri saldi sia sui bond che sul resto dei mercati. Perché? Perché i tassi torneranno a scendere e gonfierebbero tutto come è stato dal 2009 ad oggi (togliendo qualche interruzione).
Nell’altro caso invece, quello in cui si torni a prima, alla vecchia era del produco a casa, allora ci sarà un po’ da soffrire. Gli equilibri finanziari cambierebbero e si dovrà combattere ancora tanto contro il mostro dell’inflazione. Certo la Fed ha un duro compito nei tempi: se la crescita che vuole frenare rallenta prima dell’inflazione si andrebbe verso la stagflazione: un altro bel mostro.
Insomma, anche ragionando le prospettive sono quanto mai incerte. E quindi? E quindi affidiamoci alla storia, che recita un copione sempre uguale: il mondo attraversa fasi di transizione e poi ne esce, in qualche modo. E’ e sarà sempre così. Le guerre passano, le cose cambiano, e i mercati alla lunga crescono. Chi ha investito dovrà forse pazientare un po’, ma dovrà tenere duro; chi no può cominciare a pensarlo di fare, in quanto dei due scenari magari uscirà fuori una via di mezzo: un mondo un po’ meno globalizzato, con un po’ di inflazione e quindi con tassi un po’ più premianti e con borse un po’ più volatili e meno inclini agli eccessi. Ma uscirà comunque un mondo più sostenibile e più a misura d’uomo e del suo ambiente, di questo possiamo esserne certi, e su questo dobbiamo investire anche le nostre finanze, senza paura e con le giuste prospettive, perché dove vanno i soldi alla fine va anche il mondo.