A cura di Antonio Pugliese, consulente finanziario di Firenze
È ormai consapevolezza sempre più diffusa che il sistema pensionistico così come era stato immaginato e alimentato per anni è sempre meno sostenibile. Un sistema nato in Europa nel 1889 e che ha assunto un assetto definitivo nel dopoguerra, in un mondo dove l’attesa media di vita era molto bassa e una struttura sociale ben diversa dall’attuale.
L’invecchiamento della popolazione (per gli uomini l’attesa media di vita è arrivata ad 80 anni, per le donne 85) con la fascia degli ultrasessantacinquenni che ha superato quella dei giovani fino a 35 anni, il declino demografico (le nascite non coprono più il numero dei decessi) hanno impatti pesanti sul sistema pensionistico: le soluzioni adottate finora hanno spostato in avanti l’età anagrafica per il raggiungimento dei requisiti pensionistici e hanno introdotto un criterio totalmente contributivo per la formazione della pensione.
Più pensionati che lavoratori entro il 2050: potrebbe essere questo, secondo l’ultimo studio dell’Ocse sul mercato del lavoro, il destino dell’Italia. Nel nostro paese inoltre i giovani affrontano un percorso lavorativo spesso precario e frammentato, con frequenti interruzioni: il risultato potrebbe essere che la pensione sarà modesta e oltre la soglia anagrafica dei 67 anni. Il sistema della previdenza complementare permette, se correttamente inquadrato, tramite una serie di agevolazioni di carattere fiscale, di integrare l’assegno pensionistico e colmare quel gap che si verrà a creare tra l’ultima retribuzione percepita (o l’ultimo reddito disponibile per autonomi e professionisti) e quanto percepito come pensione.
Ma come affrontare il mondo della previdenza integrativa?
Per iniziare può essere corretto partire dalla fine, ovvero domandarsi “Che capitale mi servirà, una volta in pensione?” Una domanda difficile, a cui oggi però è possibile rispondere grazie a dei simulatori, anche online, tenendo in considerazione il fatto che il reddito si ridurrà al momento del pensionamento. Se mi aspetto una decurtazione del 25% dovrò cercare di pianificare una rata che mi consenta di colmare il gap. Non con la pretesa di prevedere il futuro, ma di definire una rotta.
È proprio il percorso che ho fatto con un cliente che non si era mai posto il problema in modo approfondito, dando priorità nel tempo alla crescita professionale e all’acquisto di una abitazione familiare. Quando gli ho posto se si fosse domandato cosa sarebbe successo al momento della sua pensione, mi ha rivelato il timore che avrebbe dovuto drasticamente abbassare il suo tenore di vita. Siamo partiti da qui analizzando la sua retribuzione annua e andando sul portale dell’INPS per leggere le stime sulla sua pensione: data di pensionamento e importo.
A questo punto il cliente ha potuto quantificare il gap retributivo che si aprirà nel momento della pensione, e mi ha subito posto la domanda: quale potrebbe essere la cifra necessaria da accantonare in un sistema previdenziale privato per colmare tale differenza? Qui entrano poi in gioco altri fattori, che derivano da una attenta conoscenza del cliente: capire la capacità di risparmio annuo, sapere se ha del capitale disponibile e prontamente liquidabile nel caso di imprevisti, capire la sua tolleranza alle oscillazioni, etc…
Ci sono alcune regole generali valgono per tutti:
- Osare di più, il tempo è dalla nostra. Se si è lontani dalla pensione, linee di investimento a maggior contenuto azionario, ignorando la volatilità di breve periodo, possono condurre a maggiori opportunità di rendimento nel lungo periodo.
- Anticipare i tempi. L’adesione oggi ad un fondo pensione aperto fa partire subito gli anni di permanenza nella previdenza complementare, utili per eventuali richieste di anticipazione o per abbassare l’aliquota di tassazione in sede di liquidazione della prestazione.
- Massimizzare il beneficio fiscale. Investire in un fondo pensione permette di ottenere vantaggi fiscali per quanto riguarda contributi, rendimenti e prestazioni. Alla previdenza complementare lo Stato riconosce infatti speciali agevolazioni fiscali, per chi sottoscrive o per i familiari a carico.
- Investire con un approccio legato al ciclo di vita. Il proprio investimento non va perso di vista, il consulente dovrebbe prevedere una strategia con passaggi a comparti meno rischiosi via via che si avvicina il momento della prestazione pensionistica o dell’anticipazione, in modo da consolidare i risultati raggiunti negli anni.
- Risparmiare in logica Pac. Impostare un piano automatico di versamenti ricorrenti è una scelta di buon senso che consente di contenere i rischi, investendo su un orizzonte di medio-lungo termine.
- Comprendere bene tutte le “strade di uscita”. È bene conoscere le varie possibilità di poter disporre del capitale investito anche prima del pensionamento attraverso anticipazioni di capitale (ad es. per acquisto/ristrutturazione prima casa per sé o per i figli e per spese mediche), riscatti (ad es. quando si cambia lavoro) e liquidazione del montante interamente in capitale (sotto certe soglie).
Questo articolo fa parte di una rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: social.brown@triboo.it
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