Siamo in un’economia di guerra? 3 cose da sapere prima di investire

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di Mariano Rocchi, consulente patrimoniale e group manager di Sanpaolo Invest

Con il termine “economia di guerra” si intende quella situazione che vede fattori esterni, come appunto i conflitti, influire in maniera importante sull’economia. Le guerre ci sono sempre state e ci saranno, purtroppo, ovunque: quella in Ucraina ci tocca più da vicino perché il conflitto è alle porte dell’Europa e sta avendo importanti effetti collaterali che si riflettono direttamente sull’andamento economico. Parliamo in particolare dell’aumento dei prezzi delle materie prime, che insieme all’incertezza geopolitica sta generando dinamiche negative per i mercati.

Il rischio inflazione

Gli effetti sono evidenti a tutti: c’è carenza di materie prime di vario genere e i prezzi aumentano insieme ai costi dell’energia, che si ripercuotono direttamente sulle bollette di famiglie e imprese. Anche per quanto riguarda i mercati finanziari l’incertezza provoca conseguenze: per fare un esempio, la guerra in Ucraina ha accelerato ulteriormente la dinamica di crescita dell’inflazione, che è destinata ad aumentare ancora. Veniamo da un decennio di inflazione bassissima, ma i prossimi dieci anni saranno di segno opposto e la guerra non ha fatto che accentuare questa dinamica inflattiva a livello mondiale. Secondo stime prudenziali l’inflazione si colloca attualmente in una forbice tra il 5% e l’8%, e questo è un elemento che ci deve indurre ad una riflessione.

Chi oggi possiede 100 mila euro, se l’inflazione si attestasse su questi livelli per 10 anni, dovrebbe dopo un decennio avere tra i 150 mila e i 180 mila euro per comprare le stesse cose. Si comprende facilmente come questo contesto abbia un impatto sulle scelte di investimento. Ecco quindi 3 cose da sapere se abbiamo investimenti in corso o se stiamo pensando di entrare nei mercati finanziari.

Niente panico: guardiamo al medio-lungo termine

Quando si parla di investimenti l’orizzonte temporale è sempre di medio-lungo periodo: cinque o meglio ancora dieci anni. Nel brevissimo termine non è possibile avere certezza di cosa succede: se in questo momento si raggiungesse un accordo di pace tra Russia e Ucraina le Borse salirebbero immediatamente, di contro se venisse lanciato un missile o un paese Nato decidesse di intervenire le Borse potrebbero scendere ulteriormente.

Nel breve periodo, quindi, non è possibile sapere che tipo di ritorno possiamo avere, mentre nel medio-lungo termine sappiamo per certo che i prezzi odierni sono molto al di sotto del potenziale di tante aziende.

Partendo dal presupposto che si investono solo i soldi che siamo certi non ci possano servire nel breve periodo, bisogna quindi fare delle scelte strutturali, avviando un progetto di investimento associato a un progetto di vita di medio lungo termine. Il consiglio è di evitare di entrare e uscire dai mercati: se nell’arco di un decennio si perdono i dieci giorni migliori di Borsa, lincidenza può essere superiore al 50% delle performance. E’ già avvenuto negli anni passati, e potrebbe ripetersi.

Un esempio: chi aveva investito il primo gennaio del 2009 1.000 dollari nell’indice S&P 500, al 31/12/2018, mantenendo l’investimento, avrebbe potuto beneficiare di un ritorno pari a 2.775 dollari. Perdendo i dieci migliori giorni, invece, avrebbe ottenuto 1722 dollari, con una differenza pari a circa il 61% della cifra investita. Un altro dato interessante: perdendo i 40 giorni migliori avrebbe ottenuto 712 dollari con il risultato di un deprezzamento rispetto all’investimento iniziale.

Il primo consiglio è quindi: niente panico e investiamo solo i soldi che siamo certi non ci servano nel breve periodo.

Scegliere i temi d’investimento

Anche in questo periodo le scelte di investimento vanno orientate, più che sulle aree geografiche, sui temi e i settori che da qui ai prossimi dieci anni, indipendentemente dagli effetti della guerra, continueranno a crescere. Ad esempio tutto ciò che è legato al cambiamento climatico, un tema a cui tutto il mondo guarda con grande attenzione: le aziende attive nel contrasto a questo fenomeno riceveranno sicuramente cospicui finanziamenti, e quindi cresceranno. Lo stesso vale per tutto ciò che viene definito ESG e più in generale tutto ciò che è legato alla sostenibilità, quindi il riciclo di materiali, l’efficientamento energetico e altri processi: l’inflazione cresce anche perché stiamo attraversando una fase di passaggio dall’energia prodotta da fonti fossili a quella pulita, e questo ha un impatto nel breve periodo per quanto riguarda l’andamento dei prezzi. Inoltre, ad esempio, si possono sicuramente tenere sott’occhio India e Cina, aree in cui la media dell’età della popolazione è molto più bassa che in Europa e che quindi da qui ai prossimi dieci anni dovrebbero crescere maggiormente anche per un effetto legato ai consumi.

Cosa non fare

Anche partendo da una condizione di economia di guerra va ricordato che le prospettive di medio-lungo periodo non cambiano, anzi riservano opportunità. Quello che cambia è che oggi dobbiamo convivere con un’inflazione importante. Inflazione che la guerra ha accelerato e con una volatilità, cioè un’oscillazione dei prezzi, maggiore rispetto a quella dei dieci anni passato. Bisogna quindi fare scelte razionali, sempre affidandoci ai consigli di un professionista.

L’ultimo suggerimento riguarda cosa non fare: si deve evitare di fare investimenti di breve periodo su asset che oggi stanno subendo variazioni molto importanti. Associate la vostra ricchezza finanziaria ai vostri bisogni e date ai vostri investimenti il tempo di maturare.

Le certezze dei nostri progetti di vita/investimento devono prevalere sulle incertezze derivanti dalle guerre o altri eventi negativi di breve periodo.