Quando ha rassegnato le dimissioni in seguito alla sconfitta nel referendum costituzionale, l’ex premier Matteo Renzi ha avvertito che si sarebbe andati subito al voto e che l’Italia non sarebbe stata consegnata a un governicchio di transizione fino al 2018, tempo di scadenza fisiologica della legislatura.
Secondo le ultime indiscrezioni stampa per il segretario del PD, partito di governo, il punto di svolta per poter sciogliere le Camere e andare alle elezioni anticipate tra aprile e giugno, facendo anche slittare di un anno il referendum abrogativo sulla riforma del Lavoro di Renzi (il Jobs Act), è la sentenza di gennaio della Corte Costituzionale, guidata da Giuliano Amato.
La Consulta si esprimerà sull’Italicum e arriverà probabilmene una bocciatura. Una volta arrivata, è il ragionamento di Renzi, tecnicamente ci sarà una legge elettorale e si potrà andare a votare con quella.
Fonti vicine alla Consulta, tuttavia, fanno sapere che la sentenza dei giudici non si sostituirà affatto al Parlamento. In teoria sarà “autoapplicativa” ma nella pratica no e servirà pertanto scrivere una nuova legge elettorale.
“Sarà descrittiva”, dicono le fonti al sito Affari Italiani. “Suggerirà una strada, ma inviterà caldamente il Parlamento a fare la propria parte. Anche per «armonizzare» le leggi di Camera e Senato, come ha ripetuto ieri Sergio Mattarella“.