New York – Wall Street ha chiuso in rialzo spinta dalle parole del presidente della Fed Ben Bernanke a Jackson Hole che hanno ravvivato le speranze di nuove misure di stimolo dell’economia. Il Dow Jones ha guadagnato l’1,21% chiudendo a quota 11284,54; il Nasdaq e’ cresciuto del 2,49% a 2479,85 punti.
La borsa di New York in un primo momento aveva regito male, con forti sell, al discorso di Ben Bernanke, da cui non è trapelato nulla di quanto i mercati avevano sperato di sentire. Di fatto, non vi è stato nessun annuncio sul QE3, o su qualsiasi altro programma di nuovi stimoli monetari su cui tutte le borse mondiali avevano scommesso dagli inizi della settimana.
Dopo lo shock iniziale, un ribasso superiore all’1,5%, gli indici americani hanno ripreso forza. A brillare sono stati soprattutto i titoli tecnologici. Si guarda al balzo di Aruba Networks (+16%), dopo la crescita degli utili della società. Acquisti anche su Research in Motion (+3,68%), Intel (+2%), Microsoft (+2%) e Cisco (+2,35%), che si confermano i migliori del Dow Jones.
Tornando alla Fed, nei giorni scorsi si era sperato anche a una nuova iniezione per l’economia americana di $600 miliardi. Invece Bernanke ha di fatto tentennato, e ha rimandato al prossimo mese la discussione più approfondita della crisi in atto sui mercati.
Il timoniere della Fed ha anche rivelato una punta di ottimismo, affermando che la debole crescita dell’economia nel primo semestre dell’anno è stata dovuta più che altro alla presenza di fattori temporanei, come il rialzo dei prezzi delle materie prime. Un Bernanke dunque più cauto, stavolta, nello sventolare la ricetta dell’acquisto dei bond per rimettere in moto l’economia americana. Tuttavia, dopo una iniziale delusione di Wall Street – il Dow Jones era arrivato a perdere più di 200 punti – il sentiment è migliorato proprio a causa di Bernanke.
“Il nulla di fatto di Bernanke sul lancio di nuovi stimoli finirà per calmare gli investitori, in quanto se ci fosse bisogno di ulteriori stimoli, Bernanke li adotterebbe -, ha commentato Keith Springer, direttore generale di Springer Financial Advisors – Se gli stimoli fossero stati davvero annunciati, il discorso di Bernanke avrebbe indicato che la situazione è decisamente peggiore di quella a cui assistiamo.
Gli avvertimenti su un nulla di fatto da parte di Bernanke non erano affatto mancati. “Il mercato sarà fortemente deluso riguardo a quanto accadrà oggi a Jackson Hole – commentava stamani a Blooomberg Michael Hewson, analista presso CMC a Londra – Gli investitori hanno scommesso sul fatto che Bernanke tirerà fuori il coniglio dal cappello. Ma non credo che ciò accadrà”.
E in effetti, quella di oggi è stata la cronaca di una delusione annunciata (che poi è stata digerita meglio dagli investitori).
Tra i market mover della giornata, anche la pubblicazione del Pil del secondo trimestre degli Stati Uniti, che si è rivelato peggiore delle attese. Il dato, che è stato rivisto al ribasso al +1%, contro il +1,3% inizialmente reso noto e peggio del +1,1% atteso dal consensus, ha messo in evidenza tutta la fragilità dell’economia americana. E’ il quarto trimestre consecutivo che il prodotto interno lordo Usa continua a crescere al di sotto del potenziale, compreso tra il 2,7% e il 3%.
Più confortante, sebbene a bassi livelli, è stato invece l’indice della fiducia dei consumatori stilato dall’Università del Michigan.
Sul fronte valutario l’euro riduce notevolmente i guadagni riportati nei confronti del dollaro $1,4377 (+0,01%); la moneta unica guadagna invece sul franco svizzero a CHF1,1662 (+2,19%), mentre aumenta le perdite contro lo yen, a JPY110,40 (-0,80%).
Sul fronte delle commodities, i futures sul petrolio cedono lo 0,38% a quota $84,98 al barile, dopo aver perso più del 2% immediatamente dopo il discorso di Bernanke. Torna a salire invece l’oro (+1,05% a $1.781,70 l’oncia).
I rendimenti dei Treasury a dieci anni scendono al 2,197%.