Chiusura di seduta negativa per Wall Street, che ha cosi’ bruciato quasi del tutto i guadagni settimanali accumulati sino a venerdi’. Il balzo dei prezzi del greggio ha messo sotto pressione i listini azionari americani e gli investitori non sono rimasti soddisfatti dei dati migliori del previsto sul fronte del mercato del lavoro.
I listini hanno pero’ ridotto le perdite sul finale evitano un bilancio molto peggiore. Il Dow ha ceduto lo 0,72% a quota 12.169,88, il Nasdaq lo 0,5% a 2.784,67, mentre l’S&P 500 ha lasciato sul campo lo 0,74% in area 1.321,15. In settimana il risultato e’ stato di un misero +0,1%. La paura e’ che la crescita degli utili non sia sufficiente a tenere il passo con l’aumento dei costi energetici.
Il report sul lavoro mensile del governo ha evidenziato un tasso di disoccupazione in calo all’8,9% dal 9,2% del mese precedente, ai minimi di due anni, e la creazione di piu’ posti di lavoro delle previsioni. Tuttavia la strada e’ ancora lunga prima che la situazione torni alla normalita’. Come dimostra il numero record di sotto occupati (il 19,9% degli americani, secondo i sondaggi Gallup) e quello dei food stamp, i buoni pasto concessi dal governo a chi e’ senza lavoro o non ha un reddito sufficiente a sfamarsi, che ha toccato il 14,3% in dicembre.
Gli operatori hanno messo in secondo piano le notizie macro e si sono concentrati sui nuovi sviluppi geopolitici. Il valore dell’oro nero e’ arrivato ai massimi di due anni e mezzo mentre in Libia continuano gli spargimenti di sangue. Gli scontri tra forze filogovernative e oppositori proseguono anche in Yemen e Bahrein, mentre l’Arabia Saudita, il maggiore esportatore di petrolio al mondo, sta vivendo il suo “venerdi’ della collera”. La paura e’ che le scorte di petrolio vengano ridotte drasticamente e non riescano a soddisfare la domanda di voraci consumatori come Cina, Europa e Stati Uniti.
Uno dei motivi per cui il greggio e’ tornato a correre oggi e’ da ricercare nell’esplosione avvenuta a un impianto petrolifero a sud di Bengasi, in Libia. La piattaforma ora e’ danneggiata e i pozzi di oro nero sono andati in fiamme. Il derivato con consegna aprile sul petrolio scambiato al WTI newyorchese ha cosi’ sorpassato quota $104 al barile, erodendo altre decine di miliardi di dollari dal Pil, compromettendo i margini societari e alimentando il nervosismo sui mercati. Chiaro che oro e argento, per contro, abbiano iniziato a guadagnare terreno, con quest’ultimo che ha toccato i massimi post-Lehman sopra quota $35 l’oncia.
Mentre saltava lo stabilimento petrolifero a sud di Bengasi, piu’ a ovest le forze filogovernative fedeli al colonnello Gheddafi sparavano sulla folla dei manifestanti a Tripoli.
Il Dow Jones e’ stato trainato al ribasso da Hewlett-Packard, DuPont e JP Morgan, all’indomani della seduta migliore dell’anno. Tra le blue chip Merck e’ l’unica a farla franca. L’indice di volatilita’ del Vix, considerata misura affidabile della paura che aleggia sui mercati, e’ salito sopra quota 19. A livello settoriale particolarmente colpiti sono i finaziari, gli industriali e il comparto delle utility.
Sugli altri mercati, nel comparto energetico, i futures con scadenza aprile sul petrolio hanno chiuso in rialzo del 2,5% a quota $104,42 al barile, cifra che rappresenta i massimi dal 2008. Il guadagno settimanale e’ stato del 6,7%. I contratti analoghi sull’oro hanno registrato un progresso di $12,20, ovvero dello 0,9%, attestandosi in area $1.428,60. In settimana il rialzo e’ stato dell’1,4%.
Sul fronte valutario non senza qualche sbandamento l’euro, dopo la pubblicazione del report occupazionale, e’ tornato a guadagnare quota sul dollaro e si e’ attestato in chiusura in area a $1,3983, dopo aver superato la soglia chiave psicologica di $1,40.