Il maxi taglio della FED dà la scossa a Wall Street, che ieri ha archiviato una seduta record per S&P 500 e Dow Jones. Il Dow Jones ha guadagnato 522,09 punti (+1,26%), chiudendo per la prima volta al di sopra dei 42.000 punti. In forte rialzo lo S&P 500 (+95,38 punti, +1,70%) che sfonda il muro dei 5.700 punti mentre il Nasdaq ha aggiunto 440,68 punti (+2,51%) collocandosi poco sopra i 18 mila punti.
In luce l’hi-tech
Il deciso taglio dei tassi d’interesse (50 punti base) ha dunque fatto ripartire la propensione al rischio: a beneficiarne sono stati soprattutto i titoli delle società di semiconduttori, con Nvidia, Asml e Arm che hanno guadagnato tra il 4% e il 5,7%, Micron il 2,2%. In luce tutto il settore hi-tech con Apple in crescita del 3,7%; Intel, Amazon e Microsoft circa l’1,8%. Bene i titoli legati al settore delle criptovalute, con il bitcoin in deciso rialzo (+5,7% a quasi 63.496 dollari): Coinbase ha chiuso in rialzo del 3,4%, MicroStrategy del 9%. .
In rialzo anche petrolio Wti al Nymex ha guadagnato 1,04 dollari, l’1,47%, a 71,95 dollari al barile. L’oro ha guadagnato 17,30 dollari, lo 0,67%, a 2.588 dollari all’oncia, nuovo record.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi: uno sguardo al passato
Dopo una prima reazione decisamente positiva, ci si chiede ora se l’avvio della politica espansiva, con il mercato azionario ai massimi storici o vicino a questi, fornirà ulteriore carburante o meno?
Gli analisti di JPMorgan, analizzando i dati degli ultimi 40 anni, hanno evidenziato che la Fed ha tagliato i tassi 12 volte con l’S&P 500 a meno dell’1% dai massimi storici. Un anno dopo, il mercato si attestava su valori più alti in tutte e 12 le occasioni con un rendimento medio di circa il 15%.
Un dato interessante, anche se rischia di essere fuorviante, secondo David Rosenberg di Rosenberg Research.
“La direzione del mercato azionario dipende interamente dipende da altro fattori: come per esempio se la Fed abbia o meno evitato una recessione o se il taglio sia arrivato troppo tardi, come abbiamo visto tante volte in passato. Il pericolo questa volta è l’estremo livello di compiacimento e il diffuso consenso sul fatto che il ciclo economico sia un concetto superato”.
Analisti divisi
Gli analisti intanto restano divisi. I rialzisti sostengono l’ipotesi di ulteriori rialzi, citando l’andamento degli utili. Secondo FactSet, gli utili per azione dello S&P 500 sono aumentati dell’11,3% nel secondo trimestre rispetto all’anno precedente. Sebbene gli analisti prevedano un rallentamento della crescita degli utili al 4,9% nel terzo trimestre, si tratta comunque di un aumento di tutto rispetto. Tra gli ottimisti, spiccano gli esperti di Goldman Sachs, che scommettono su un S&P 500 a 6.000 punti nel giro di un anno.
Gli orsi invece puntano il dito verso il rallentamento della crescita economica. Ricordiamo che il PIL è cresciuto dell’1,4% su base annua nel secondo trimestre, in rallentamento rispetto al 3% del primo. In ogni caso, gli orsi sostengono che le azioni sono sopravvalutate dopo il guadagno del 26% dell’S&P 500 negli ultimi 12 mesi.
Secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro, nonostante questa rinnovata fiducia, ci sono segnali che suggeriscono una certa prudenza, spiega ancora. Il Fear & Greed Index, ad esempio, è tornato su livelli di avidità, con un valore di 66 punti, un dato che non si vedeva da aprile scorso. Parallelamente, l’indice SKEW – che misura la propensione degli investitori a proteggersi da eventi estremi – ha raggiunto i massimi degli ultimi 12 mesi.
Questo indica che c’è una crescente preoccupazione per i cosiddetti “tail risk”, ovvero eventi rari ma potenzialmente devastanti, che potrebbero provocare forti oscillazioni nei mercati. È interessante notare che, mentre lo SKEW tocca nuovi massimi, altri indicatori di volatilità come il VIX sono in calo. Una divergenza che sembra voler dire come, nonostante la calma apparente riflessa da un VIX basso, c’è una crescente preoccupazione per eventi estremi riflessa nello SKEW in aumento. Ovvero come, sebbene i mercati sembrino stabili, ci sono segnali di tensione sottostante non visibili nel breve termine, ma che potrebbero manifestarsi in movimenti più ampi e improvvisi.
Al 13 settembre, lo S&P 500 quotava 20,9 volte le stime degli analisti sugli utili delle società che lo compongono per i prossimi 12 mesi. Si tratta di un valore nettamente superiore alla media quinquennale di 19,4 e a quella decennale di 18,0.
Settori azionari
Guardando ai settori azionari, gli analisti di Pictet Asset Management sottolineano in una nota:
“i nostri indicatori tecnici mostrano che il sentiment nei confronti delle azioni statunitensi è a livelli elevati, con gli investitori retail fortemente rialzisti. Il posizionamento sui futures relativi allo S&P 500 è sceso dai livelli massimi, ma rimane comunque elevato. Dopo l’impennata della volatilità del mercato azionario statunitense all’inizio del mese, questa è scesa al ritmo più veloce di sempre, tornando al suo trend di lungo termine”
In questo contesto, i titoli del settore finanziario hanno ancora forza per performare.
“Nonostante il calo dei rendimenti obbligazionari, il settore dovrebbe beneficiare di una curva dei rendimenti più ripida, una dinamica che significa che il reddito netto da interessi per le banche rimane sostenuto. Gli utili dovrebbero essere sostenuti anche grazie alla forte crescita dei prestiti”, man mano che i tassi scendono. Senza contare poi – concludono – che “c’è la possibilità che le elezioni statunitensi favoriscano la deregolamentazione del settore bancario. Anche i fondamentali sono favorevoli, con valutazioni ancora convenienti e una dinamica degli utili molto forte. Secondo Lipper Alpha Insight, i titoli finanziari hanno registrato l’aumento percentuale degli utili più elevato del secondo trimestre tra i settori dell’S&P 500. Se a ciò si aggiungono i solidi dividendi e i riacquisti di azioni proprie, riteniamo che vi siano abbastanza motivazioni a favore dell’upgrade dei titoli finanziari a sovrappeso”.