NEW YORK (WSI) – Wall Street lima i guadagni nel finale scontando un calo nel comparto energetico sulla scia del petrolio che ha controbilanciato la buona performance nei settori industriale e finanziario. In chiusura il Dow Jones perde lo 0,04% a 16.315 punti, il Nasdaq cresce dello 0,32% a 4.227 punti e lo S&P 500 aggiunge lo 0,17% a 1.878 punti.
Il petrolio a novembre ha perso il 4,6% a 81,84 dollari il barile, ai minimi dal giugno del 2012.
Dopo avere tenuto i battenti chiusi ieri per celebrare il Columbus Day, il mercato obbligazionario riapre in rally. I titoli di Stato americani chiudono in aumento con rendimenti in calo al 2,215 per il benchmark decennale e al 2,96% per il titolo trentennale. L’impressione e’ che il reddito fisso sia visto come un bene rifugio con la Federal Reserve in stand-by a causa della debolezza dell’economia in Europa. Inoltre gli operatori guardano alla volatilita’ nell’azionario e alle preoccupazioni legate all’Ebola
Sui mercati valutari, l’euro cala a 1,2645 dollari mentre il biglietto verde guadagna terreno anche sullo yen a quota 107,03 dollari.
Sullo sfondo restano timori sulla crescita globale e incertezza sulla tempistica con cui la Federal Reserve alzera’ i tassi. Per l’indice benchmark il bilancio da gennaio e’ pari a un +1,4%. E il Nasdaq Composite si trova vicino alla correzione: dal record di settembre ha ceduto l’8,6%.
A conferma delle crescenti preoccupazioni dei gestori sullo stato di salute dell’economia globale, dall’ultimo sondaggio Bank of America Merrill Lynch è emerso che solo il 32% degli intervistati si aspetta un miglioramento dell’economia mondiale nei prossimi mesi. Ecco cosa è emerso nel dettaglio dal sondaggio
Dal punto di vista tecnico alcuni analisti fanno notare che la discesa dello S&P 500 sotto la media dei 200 giorni non vuol dire necessariamente inizio della fase Orso.
Sotto i riflettori i bilanci di alcune delle principali banche Usa. Bene i conti di Citigroup e Johnson & Johnson, che fanno meglio del previsto. Scivola invece il titolo Wells Fargo, con una perdita di circa un punto percentuale, dopo la pubblicazione della trimestrale.
Da parte sua JP Morgan ha archiviato i terzo trimestre con profitti pari a $1,36 per azione, ossia 5,6 miliardi. Malgrado un miliardo di spese legali, la maggiore banca Usa è tornata in utile dopo che l’anno scorso nello stesso periodo aveva chiuso con una perdita di 780 milioni. Il risultato è tuttavia inferiore alla stime degli analisti. Il fatturato è salito del 5,4% a 25,2 miliardi.
Chrysler ha ritirato dal mercato 184 mila SUV per un problema all’airbag. I modelli colpiti sono il Dodge Durango e la Jeep Grand Cherokee del 2014. In caso di corto circuito il sistema di sicurezza a “cuscinetto d’aria” non verrebbe attivato. Fiat Chrysler ha detto di non essere al corrente di infortuni o incidenti occorsi per colpa del diffetto al suddetto impianto elettrico. Si tratta degli stessi modelli che erano stati ritirati dal mercato per un problema ai freni in aprile. Il medesimo problema aveva obbligato Ford a emettere un profit warning il mese scorso.
Il clima resta comunque cauto a causa dei dati deludenti sulla fiducia degli investitori tedeschi. Secondo l’economista dell’istituto Zew, Clemens Fuest, il calo dell’indice ai minimi di due anni nel mese in corso può essere la prova che l’Eurozona sia entrata in una fase di recessione: sarebbe la terza dal 2008. Il governo di Angela Merkel ha tagliato le previsioni sul Pil 2015 a 1,3% da 2%.
Al pari di tanti altri indici di Borsa, l’S&P 500 scambia sotto la media mobile a 200 giorni (1.900). James Hughes, chief market analyst di Alpari U.K., osserva in una nota che è meglio non prendere troppi rischi. “I trader stanno cercando scuse per spiegare il calo dei mercati. È sempre un segnale preoccupante, indice che potremmo vedere altri momenti no come gli ultimi giorni”.
Sul mercato valutario, l’euro in calo con -0,77% a $1,2654. Dollaro/yen +0,02% a JPY 106,85; euro/franco svizzero -0,07% a CHF 1,2076. Euro/yen -0,75% a JPY 135,19.
Tra le commodities, l’oro fa +0,23%, a $1.232,80. I futures sul Wti proseguono la scia di ribassi, e cedono -1,05% a $84,84 al barile, dopo essere scivolati in una condizione di mercato orso la scorsa settimana.