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Wall Street non piu’ sui massimi intraday, Fed monitorata speciale

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Dopo poco piu’ di due ore di scambi, i listini americani risultano lontani dai massimi intraday toccati poco dopo l’apertura, sostenuti dal dato migliore delle attese sulle vendite di case esistenti a settembre.

A livello settoriale, le banche hanno ritracciato guadagnando soltanto lo 0.06% contro il +0.9% iniziale. Cedono terreno Bank of America, JP Morgan e Wells Fargo (-1%) mentre risulta in controtendenza Citigroup (+1.46%), grazie alla promozione degli analisti di Goldman Sachs. Continua invece il rally delle risorse di base (+2.1%). Su anche gli energetici e i tecnologici (+0.66%) cosi’ come gli industriali (+0.74%).

Da segnalare i prezzi in rialzo dei titoli di stato Usa e conseguente flessione dei rendimenti. Il mercato sta infatti guardando al 3 novembre, quando la Fed annuncera’ nuove misure di quantitative easing. Secondo Goldman Sachs la banca centrale Usa sara’ costretta a iniettare liquidita’ per 4 mila miliardi di dollari.

L’andamento incerto delle banche e’ legato alle parole di Ben Bernanke. In una conferenza organizzata dalla Fed, di cui e’ presidente, e dalla Federal Deposit Insurance Corp, il numero uno della banca centrale Usa ha assicurato che a novembre verrano resi noti i risultati di un’indagine riguardante l’ondata di stop ai pignoramenti in atto da parte delle banche Usa. L’intento e’ cercare di capire quali potrebbero essere le conseguenze di simili pratiche sul comparto immobiliare e sugli istituti finanziari. Proprio a questo proposito, il Wall Street Journal ha scritto che Bank of America ha ammesso alcuni errori nella gestione dei pignoramenti immobiliari.

Gli operatori hanno salutato nel frattempo con con cauto ottimismo il G20 che si e’ svolto in Corea del Sud. Per quanto riguarda la “guerra delle valute” e’ stato raggiunto un accordo per evitare svalutazioni delle monete volte a sostenere le esportazioni dei singoli paesi. La palla ora passa al G20 di Seul del prossimo 11 e 12 novembre. Sul fronte dell’Fmi, concessa una maggiore autorità ai paesi in via di sviluppo: Cina e India si aggiudicano due delle 24 poltrone che costituiscono l’executive Board del Fondo. Pechino diventa cosi’ il terzo paese piu’ importante nel vertice dell’Fmi dietro a Usa e Giappone.

Nel frattempo l’indice del dollaro, che riflette l’andamento del biglietto verde contro un basket delle sei principali valute, continua a scivolare: dalla fine di agosto ha perso il 7.6% mentre l’S&P 500 ha guadagnato il 13%. La resistenza tecnica del bencmark di Wall Street si trova a 1185 punti.

I volumi sul NYSE (382 milioni di azioni possate di mano) sono in linea alla media, al di sotto quelli sul NASDAQ (780 milioni). I titoli in rialzo superano numericamenti quelli in ribasso (sul NYSE il rapporto e’ 1920 a 964, sul NASADQ e’ 1645 a 895), con i nuovi massimi che battono i nuovi minimi (sul NYSE 278 a 4, sul NASDAQ 167 a 16).

Sugli altri mercati, nel comparto energetico, i futures sul petrolio con consegna novembre guadagnano lo 0.62% a quota $82.20 il barile dopo aver toccato $83. Il derivato con scadenza dicembre dell’oro segna un +0.69% a $1334.20 l’oncia. Sul fronte valutario l’euro avanza dello 0.11% a quota $1.3968, ripiegando rispetto a inizio seduta. Quanto ai Treasury, il rendimento sul decennale si attesta al 2.5180% ma era arrivato a rompere al ribasso quota 2.50%.