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WALL STREET: THE END PER L’ ERA DEI TASSI BASSI

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(WSI) – Le Borse europee sono ai massimi storici del 2004 (che naturalmente sono molto più bassi dei massimi storici in assoluto), mentre New York tenta ogni tanto (come ha fatto giovedì scorso) di dare una zampata verso l’alto, approfittando di alcuni risultati aziendali molto buoni (e trascurando quelli cattivi).

Tutto questo non sposta di un millimetro l’analisi di fondo. Queste Borse sono arrivate al soffitto, almeno per un po’. Poiché gli operatori non amano (e non possono) stare fermi, ogni tanto cercano di fare delle corse in avanti, ma tutti sanno che ormai siamo un po’ a fine corsa. La ripersa c’è e anche i risultati aziendali (in America) sono buoni, ma ottenuti grazie a tagli terribili ai costi. In un certo senso quello che manca è un deciso allargamento del mercato (per quanto riguarda i beni tecnologici). Per il resto, come le auto, è facile dire che ormai non si capisce più niente, tanto grande è la selva di sconti, promozioni, occasioni speciali, ecc.

Non si vedono, per ora, le premesse per un nuovo Toro in America. In Europa la situazione è diversa e probabilmente c’è spazio per andare ancora un po’ avanti, nonostante la veramente pessima congiuntura. In Europa si sa che si potrà contare ancora per un po’, e forse anche a lungo, su un costo del denaro che diventerà più basso di quello americano (in prospettiva).

Wall Street, invece, è ormai rassegnata a vedere un rialzo del costo del denaro di 50 basis point. Molti si dicono sicuri che la cosa avverrà addirittura prima dell’estate. Ma non è proprio certo. Si può dire che, a oggi, nessuno è in grado di dire quando Mister Greenspan ritoccherà i tassi di interesse. E questo perché, per accortezza politica, il capo della Federal Reserve non vorrebbe proprio toccare (al rialzo, per di più) i tassi di interesse nel bel mezzo di una campagna elettorale presidenziale. Un fatto del genere potrebbe riversarsi pericolosamente sulle possibilità di rielezione di Bush e sarebbe visto, comunque, come un entrata a gamba tesa negli affari della politica.

Però nemmeno Greenspan può prevedere il futuro. Nel senso che la ripresa americana (ottenuta proprio grazie alle ingenti quantità di droga distribuite dallo stesso Greenspan insieme a Bush) potrebbe alla fine rivelarsi più forte del previsto (come appare dai primi dati) e quindi la Federal Reserve potrebbe trovarsi costretta, nel giro magari anche di poche settimane, a rialzare di colpo i tassi per impedire di trasformare una bella ripresa in un arrosto bruciacchiato.

Se questo è un pericolo che i mercati americani (che poi segnano il tempo agli altri) hanno in casa, un’occhiata attenta va data anche allo scenario internazionale. Su un fronte ci sono le vicende irachene, sempre meno chiare e sempre più inquietanti. Anche i meno critici verso l’intervento armato in Irak, adesso, di fronte allo stillicidio di morti, cominciano a avere qualche dubbio. E si sa che la situazione irachena, che potrebbe riservare esiti imprevedibili, anche a breve, è poi strettamente intrecciata con il petrolio. E si sa che il prezzo del petrolio influenza molto l’economia e quindi le Borse. Insomma, l’Irak, di cui per ora le Borse sembrano disinteressarsi, potrebbe rivelarsi una palla incendiaria.

Infine, bisogna tenere d’occhio anche quanto avviene in Cina e in Giappone perché da quelle si sta correndo veramente un po’ troppo in fretta. Insomma, i motivi “interni” di rialzo sembrano essersi esauriti (i prezzi ormai sono abbastanza alti) mentre all’esterno si stanno profilando possibili situazioni destabilizzanti (per i mercati).

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