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Wealth management, le 6 priorità dei clienti facoltosi

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Nella grande fase di trasformazione dei servizi di consulenza, divisa fra innovazione tecnologica e compressione dei costi, quali sono le merci più preziose per chi lavora a contatto con clienti estremamente facoltosi? Il think-tank Scorpio Partnership, specializzato in ricerche di wealth management ha condotto un’indagine per raccogliere alcune informazioni di prima mano.
Il sondaggio ha coinvolto 272 High net worth individuals (Hnwi, il cui patrimonio medio è di 1,4 milioni di dollari) nel Regno Unito, Stati Uniti, Germania ed India. Ecco le sei priorità espresse da questi clienti particolari, messe in luce da Caroline Burkart, associate partner presso la Scorpio.

  1. Personalizzazione e ispirazione. Il 46% dei Hnwi ritiene che sia il livello di personalizzazione dei servizi il fattore principale che distingue le varie società d’investimento. Il 38%, inoltre, si aspetta che il wealth manager sia attentamente focalizzato sui bisogni finanziari espressi. I clienti facoltosi, però, “vogliono anche che la loro società di wealth management li ispiri e li ecciti, il che può accadere solo quando un’azienda ha la cultura, l’intuizione e i professionisti di talento per farlo”, ha aggiunto Burkart.
  2. Uso efficace dei dati personali. Oltre il 75% dei clienti affermano che, se fossero ceo di una società di wealth management, darebbero la priorità agli investimenti in grado di consentire un’analisi dei dati dei clienti più intelligente. In tal modo i prodotti suggeriti sarebbero, di conseguenza, più adatti agli interessi dei clienti e potrebbero essere proposti anticipando i loro bisogni.
  3. Trasparenza. Il fatto che i costi siano chiari è un fattore che non conta solo per i piccoli risparmiatori, ma anche per i Hnwi: “I clienti sono felici di pagare per un servizio premium ma vogliono essere sicuri di ciò per cui stanno pagando”, ha affermato Burkart, “alla domanda su come i gestori patrimoniali dovrebbero rinnovarsi in futuro, i clienti affermano in primo luogo che le società dovranno dimostrare la loro competenza e ciò per cui chiedono in cambio denaro”.
  4. Un contatto umano. Nonostante la crescente importanza della tecnologia e dei processi che permettono di tagliare i costi, i clienti facoltosi continuano a dare una grande importanza al contatto con una persona in carne ed ossa che rappresenti la società verso la quale hanno dato fiducia. Il 40% dei clienti afferma che incontrano il proprio wealth manager almeno una volta al mese.
  5. Opzioni “self-service”. Il 35% degli intervistati da Scorpio Partnership afferma come prioritaria la possibilità di avere un accesso diretto al proprio profilo d’investimento e alle performance. Questo punto ha un’importanza molto variabile da Paese a Paese: in Germania, solo il 20% circa dei clienti desidera accedere direttamente al proprio report sulle performance d’investiomento contro il 40% emerso in India.
  6. Un uso sensibile della tecnologia. Oltre metà dei clienti facoltosi afferma che la tecnologia avrà un ruolo nell’arricchire di nuovi strumenti la professione del consulente. “Ma non vogliono essere costretti a usare la tecnologia”, ha affermato Burkart,”circa due terzi degli intervistati sono disposti a utilizzare le app mobile per interagire con la propria ricchezza, mentre un altro 25% circa è felice di considerare i servizi di messaggistica e gli assistenti digitali abilitati alla voce. Ma i chatbot e i social network sono decisamente bistrattati”.
    Secondo Burkart le società dovrebbero procedere con dolcezza verso la transizione verso servizi sempre più digitali, anche perché un non trascurabile 11% dei clienti afferma di non apprezzare il fatto di essere forzati verso servizi online quando, invece, preferirebbero parlare con qualcuno. Il 17%, inoltre, sostiene che il contatto personale con un consulente rimane necessario anche dopo aver controllato la situazione online. Ultimo aspetto che impone una certa prudenza in questa transizione è la perdurante preoccupazione dei clienti verso la sicurezza dei dati online, che affligge il 40% degli intervistati.