Economia

WeWork: la società degli uffici condivisi è in crisi, si allunga ombra “Chapter 11”

Tempi duri per WeWork su cui si allunga l’ombra del default. Secondo  alcune indiscrezione, riportate da alcuni media statunitensi, il gruppo newyorchese che offre uffici e spazi di lavoro condivisi nel mondo (conosciuto come co-working)  potrebbe avvalersi presto del “Chapter 11“, una procedura d’insolvenza prevista dal codice americano finalizzata alla riorganizzazione.

Bisogna fare un passo indietro, a un mese fa (il 2 ottobre) quando l’azienda leader degli uffici di coworking non avrebbe pagato gli interessi dovuti ai suoi obbligazionisti, dando il via a un periodo di grazia di 30 giorni in cui deve effettuare i pagamenti. Il mancato pagamento sarebbe considerato un evento di default. Martedì l’azienda ha dichiarato di aver raggiunto un accordo con gli obbligazionisti per concedere altri sette giorni di tempo per negoziare con le parti interessate prima che scatti il default. Intanto ieri le azioni del gruppo hanno chiuso la giornata con un tonfo di oltre il 46%,  portando il bilancio dall’inizio dell’anno sempre più in rosso a circa -98%.

Fondata nel 2010 a New York con l’idea di creare ambienti in cui aziende e dipendenti diversi si possano riunire e lavorare, la società oggi conta 777 sedi sparse in 39 Paesi, che supportavano circa 906mila postazioni di lavoro. In Italia sono cinque e tutte concentrate a Milano.

Le perdite di WeWork

WeWork, sbarcata a Wall Street due anni fa, ha chiuso i primi sei mesi del 2023 con una perdita netta in riduzione a 696 milioni di dollari. E proprio in occasione dei dati semestrali, l’azienda ha sollevato  “dubbi sostanziali” circa la sua capacità di continuare l’attività e  ha messo in evidenza le criticità di questo momento. In particolare, David Tolley, amministratore delegato ad interim, ha detto: “L’eccesso di offerta nel settore immobiliare commerciale, la crescente concorrenzae la volatilità macroeconomica hanno portato a un tasso di abbandono più elevato e a una domanda più debole del previsto”. Questi fattori avevano comportato una domanda inferiore alle aspettative, con una conseguente lieve diminuzione degli abbonamenti.

Ad agosto, inoltre, tre membri del consiglio di amministrazione si erano dimessi a causa di divergenze riguardo alla governance e alla direzione strategica della società. In seguito a tali dimissioni, WeWork ha nominato nuovi membri esperti in ristrutturazioni finanziarie complesse.

WeWork, ecco di cosa si occupa

WeWork è stata fondata a New York nel 2010 da due imprenditori: Adam Neumann, nato a Tel Aviv e Miguel McKelvey, cittadino statunitense. Prima di avviare l’azienda, nel 2008, i due avevano aperto uno spazio di co-working a Brooklyn, un’area in cui le persone potevano condividere un ufficio pagando una quota d’iscrizione. In seguito, vendettero questo spazio e utilizzarono i proventi per avviare WeWork, che ebbe il suo primo luogo operativo nel quartiere di SoHo a New York. Neumann aveva poi lasciando l’azienda nel 2019, fondando Flow.

WeWork offriva ai suoi membri la possibilità di affittare uno spazio di lavoro, che può essere un desk mobile (ovvero un posto in una zona aperta con spazi disponibili) o un desk fisso all’interno di una zona comune. Inclusi nel servizio c’erano l’accesso gratuito a Internet, nicchie insonorizzate per le chiamate telefoniche e servizi a pagamento come l’uso di stampanti, sale riunioni, la ricezione della posta e l’accesso alle caffetterie e alle cucine. L’opzione di pagamento prevedeva un canone mensile per l’affitto del posto di lavoro

Perché l’azienda è vicina al fallimento

Secondo quanto si legge su Bloomberg News, che cita fonti vicine alla questione, WeWork potrebbe presentare la domanda fallimento già la prossima settimana, facendo richiesta del Capitolo 11 nel New Jersey.

La dichiarazione di fallimento di WeWork segnerebbe un ribaltone per l’azienda, che nel 2019 era stata valutata a 47 miliardi di dollari. Un duro colpo anche per il suo principale investitore, SoftBank, che aveva versato miliardi di dollari nell’ex startup. Nell’ultimo periodo la società ha dovuto affrontato numerose sfide, tra pandemia e smartworking, ma l’aumento dei tassi d’interesse ha rappresentato forse l’ultimo “colpo di grazia” per l’azienda newyorchese, dal momento che tutto il settore immobiliare commerciale è alle prese con costi di finanziamento più elevati.

Tuttavia, i primi problemi di WeWork risalgono al periodo in cui i suoi piani di quotazione in Borsa nel 2019 hanno dovuto fare i conti con lo scetticismo di alcuni investitori riguardo al suo modello di business, che prevedeva l’assunzione di contratti di locazione a lungo termine e l’offerta di spazi di lavoro in affitto a breve termine.

Nel 2020 è poi arrivata la pandemia da Covid-19, innescando una rivoluzione nel mondo del lavoro. Periodo in cui WeWork ha dovuto far fronte alla “fuga” degli inquilini che cercavano di liberarsi dai contratti di locazione. La società è riuscita infine a quotarsi nel 2021, ma con una valutazione decisamente nferiore rispetto a quella iniziale.