Mentre fin da subito, praticamente da quando e’ in carica, Barack Obama si e’ dato da fare per impedire che armi nucleari e uranio arricchito finiscano nelle mani di gruppi terroristi, avviando colloqui bilaterali con i capi di stato del mondo (Corea del Nord e Iran esclusi) dietro le quinte della diplomazia mondiale, nelle parti piu’ impensabili del pianeta, agiscono nell’ombra inviati di Washington e membri dell’intelligence, con l’obiettivo di impedire che si materializzi l’incubo della proliferazione nucleare.
Gli ultimi file pubblicati oggi da WikiLeaks, cosi’ come sono arrivati al Guardian, mostrano il lavoro costante e minuzioso dei diplomatici americani per cercare di evitare un attacco nucleare da parte di terroristi. Nell’ambito di quella che il governo degli Stati Uniti chiama la sua “seconda linea di difesa”, e’ il corpo diplomatico che viene chiamato in causa nel cuore della notte, quando i rivelatori di radiazioni si spengono su un valico di frontiera o quando contrabbandieri se ne vanno in giro con materiali fissili o radioattivi in tasca.
Ogni volta che accade, e dati delle Nazioni Unite suggeriscono che e’ successo circa 500 volte negli ultimi 15 anni, significa che la “prima linea di difesa” e’ gia’ stata violata. Il materiale fissile (il combustibile per una testata nucleare) o di isotopi radioattivi (che emettono radiazioni nocive) e’
gia’ stato rubato dalla fonte in piu’ di un’occasione. E il pericolo e’ tanto imminente quanto serio.
Un esempio del motivo per cui gli Stati Uniti sono cosi’ preoccupati che l’uranio finisca nelle mani sbagliate ce lo offre un episodio accaduto a giugno 2007: l’ambasciata americana in Burundi fu avvertita da una fonte della presenza di scorte di uranio in un bunker di cemento armato al confine con la Repubblica Democratica del Congo. Erano contenute in cesti di vimini. Chiunque avrebbe potuto entrarne in possesso.
Storie bizzarre da far rizzare i capelli in testa. Come quelle riguardanti ex generali russi che cercano di vendere lastre di uranio in Portogallo e di un’auto radioattiva armena al confine con la Georgia.
Tre mesi dopo il suo insediamento Obama ha promesso che gli Usa avrebbero fatto di tutto per mettere al sicuro nel giro di quattro anni le centrali di uranio piu’ vulnerabili del mondo. E’ stato ottenuto qualche successo sul fronte diplomatico (accordi firmati con Russia, Ucraina, Georgia) ma il Congresso americano deve ancora approvare un incremento dei finanziamenti e la scadenza fissata da Obama con ogni probabilita’ non verra’ rispettata.
E la minaccia di un attacco terroristico nucleare – obiettivo n.1 di Al Qaeda e di centinaia di epigoni – si fa sempre piu’ seria: dall’Africa all’ex Unione Sovietica ci sono segnali che suggeriscono che potrebbe essere troppo tardi.