Ieri sera, davanti ad uno stadio Giuseppe Meazza gremito di tifosi, Zlatan Ibrahimovic ha annunciato l’addio al calcio giocato. L’attaccante svedese si è congedato dal campo al termine di una stagione travagliata e segnata dagli infortuni, che gli hanno impedito di scendere in campo per quasi tutto l’anno.
Al netto di quest’annata, è però opinione comune che il gigante di Malmoe abbia contribuito in maniera decisiva alla rinascita del Milan, riportando il club a giocare stabilmente la Champions League e a vincere un campionato dopo 11 anni di attesa.
Ecco alcune considerazioni sui costi e benefici della seconda avventura in rossonero di Ibra.
Il ritorno di Ibrahimovic al Milan nel 2020
Innanzitutto, un po’ di storia recente. Ibrahimovic si riaccasa al Milan nella sessione invernale di mercato della stagione 2019-2020, con l’obiettivo di risollevare le sorti della società relegata a metà classifica dopo un avvio di campionato complesso, segnato dall’esonero dell’allenatore Giampaolo e dall’ingaggio dell’attuale tecnico Stefano Pioli.
Per Zlatan si tratta del secondo approdo in rossonero, dopo le due stagioni dal 2010 al 2012 coronate dalla vittoria di uno scudetto e una supercoppa italiana. Questa volta la sfida è molto diversa: il giocatore (all’epoca trentottenne) è chiamato ad apportare tutta la propria esperienza in campo e fuori per alzare il livello di competitività della squadra e infondere all’ambiente quella mentalità vincente smarrita negli anni precedenti.
Una scelta di successo per la dirigenza del Milan: con il contributo determinante dello svedese nella seconda metà dell’anno, la squadra chiude il campionato al sesto posto, accedendo ai preliminari di Europa League; l’anno successivo termina seconda, tornando in Champions League dopo 7 lunghi anni di assenza; nel 2021-2022 la clamorosa vittoria del campionato e infine, quest’anno, la conferma tra le prime quattro che vale l’accesso alla massima competizione europea per il terzo anno consecutivo.
Il costo di Ibra per il Milan
Nei primi mesi della sua seconda vita in rossonero (gennaio-giugno 2020) Ibra ha siglato un accordo da 3,5 milioni di euro netti a stagione, con opzione per una riconferma a fine anno. Il trasferimento non ha comportato un esborso diretto per l’acquisto del cartellino, poiché il giocatore era svincolato dopo la precedente esperienza con i Los Angeles Galaxy.
In ciascuna delle due stagioni successive, al fuoriclasse svedese sono stati corrisposti 7 milioni di euro netti all’anno di ingaggio, equivalenti ad un importo lordo di 9,17 milioni di euro per le casse del Milan.
Nell’ultima annata, quella appena conclusa, l’attaccante ha stipulato un contratto da 1,5 milioni più bonus legati a gol e presenze. Quest’anno, però, il bottino in campo è stato magro, con sole 4 presenze e un gol (che lo ha reso il più anziano marcatore di sempre in serie A) spalmati su appena 144 minuti. Nel complesso, l’ingaggio dello svedese ha dunque determinato per il Milan un costo stimato di circa 25 milioni lordi.
Il beneficio fiscale dal Decreto crescita
Per assicurarsi le prestazioni di Ibrahimovic, il club ha potuto beneficiare del Decreto Crescita, grazie al quale la tassazione sul reddito per i lavoratori in Italia provenienti dall’estero è stata abbassata dal 45% al 25% (con permanenza minima di due anni).
Un beneficio fiscale che consente un notevole risparmio: basti pensate che per un ingaggio da 10 milioni lordi, si passa da 5,5 a 7,5 milioni netti. Questa normativa ha permesso un parziale recupero di competitività per le società italiane nell’ingaggio di calciatori dall’estero, anche se il gap con le possibilità di spesa di altri club europei, soprattutto quelli della Premier League inglese, rimane abissale.
Dal maggio 2022, il Decreto Crescita in ambito sportivo è stato rivisto per disincentivare la presenza massiccia di stranieri nelle formazioni giovanili, rendendolo valido solo per atleti almeno ventenni e con contratti superiori a 1 milione di euro.
I guadagni del Milan dal ritorno di Ibrahimovic
Le prestazioni di una squadra non dipendono mai esclusivamente da un singolo, ma è opinione diffusa che Ibra abbia dato un contributo deciso alla crescita dell’ambiente rossonero, non solo con i suoi 37 gol in 78 presenze, ma soprattutto con il suo carisma e la sua fame di vittorie, che ha trasmesso all’intera squadra. Questo ha consentito di raggiungere risultati straordinari in anticipo rispetto alle attese della stessa dirigenza milanista, come più volte spiegato dal direttore sportivo Paolo Maldini.
Basti pensare che solo quest’anno, la partecipazione alla Champions League ha fruttato al Milan oltre 120 milioni, tra diritti tv, premi per vittorie e passaggi dei turni e market pool destinato alle squadre italiane. A questi si sommano gli incassi della passata stagione, in cui la sola vittoria dello Scudetto ha portato nelle casse quasi 18 milioni, più circa 55 milioni dalla Champions League (di cui oltre 10 dal botteghino nelle tre gare casalinghe disputate).
Ma anche nel 2020-21 l’avventura europea, seppur nella competizione meno prestigiosa (l’Europa League) aveva apportato un contributo positivo di oltre 16 milioni (senza gli incassi dallo stadio, chiuso per le restrizioni legate alla pandemia).
Numeri parziali, ma che danno una vaga idea del circolo virtuoso intrapreso più di tre anni fa dal Milan, che forse non sarebbe mai partito senza l’arrivo di Zlatan Ibrahimovic.